Il Pnrr, nelle Missione 6, investe un miliardo di risorse affinché la telemedicina, di cui esistono 369 esperienze a livello locale, entri in maniera capillare all’interno del territorio e la casa diventi primo luogo di cura del paziente. “Bisogna però investire altrettanto sulle professionalità e quindi agire non solo sulla parte tecnologica”. Così Emilio Chiarolla, coordinatore per il gruppo Telemedicina di AIIC, intervenendo al XXII Convegno nazionale dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici (AIIC), in corso a Riccione fino al 15 giugno. “Non mancano solo le risorse umane, ma anche la preparazione culturale sia dei pazienti che degli operatori. La scommessa quindi è di creare competenze e portare le esperienze fatte a livello ospedaliera-aziendale su scala regionale e nazionale. In questa fase – continua Chiarolla – servono le competenze tecniche per la progettazione e la messa a punto di sistemi – standard di interoperabilità – che facilitino l’integrazione dei dati e la messa a regime delle soluzioni su scala nazionale da un lato e la formazione di una cultura adeguata dall’altro”.
La grande scommessa per la telemedicina è il rilancio dell’organizzazione dei servizi territoriali per portare la sanità fino al domicilio, come previsto dal cosiddetto DM71. Servono quindi tecnologia e competenze adeguate. “Molte esperienze già presenti a livello regionale esprimono contenuti tecnologici rilevanti – osserva Chiarolla – ma spesso non sono collegate all’interno di un ecosistema di sanità digitale, cioè al fascicolo sanitario, alle cartelle cliniche o ai sistemi di prenotazione. A questo si deve aggiungere la questione critica dell’interoperabilità del dato, cioè la possibilità e la capacità di far dialogare sistemi diversi, oltre al tema della sicurezza e della cybersecurity”.
Il Governo sta facendo atti normativi, “ma questo si deve accompagnare a deliberazioni regionali e territoriali per come organizzare i processi – spiega Serena Battilomo, Direttore del Sistema informativo sanitario nazionale del Ministero della Salute – La tecnologia, senza un ripensamento dei processi e dell’organizzazione, non può fare nulla e la componente umana è fondamentale”. I tempi prevedono che, entro settembre 2024, ogni regione abbia approvato un progetto di telemedicina per fare in modo che 200.000 persone siano seguite nel 2025, ricordando che si tratta di costruire una cultura per l’uso della tecnologia perché i problemi si sono verificati nel 61% dei casi per problemi tecnici, ma con la stessa percentuale anche per problemi culturali: pazienti e professionisti non sono pronti.
Si capisce quindi perché, come previsto dalla Missione 6 del PNRR, siano 2 le piattaforme specifiche da realizzare: la Component 1, per l’erogazione delle prestazioni, di cui si sta occupando Agenas, e la Component 2 che ha il compito di governance e monitoraggio delle prestazioni di telemedicina e fare formazione e informazione. “Semplificando – dice Chiarolla – potremmo dire che la piattaforma Component 1 crea l’autostrada e la Component 2 forma le persone e monitora il traffico, verificando che tutti abbiano standard per far viaggiare i dati”. Nello specifico, poi, sono tre i tavoli di lavoro ministeriali per la piattaforma Component 2 a cui siede AIIC per fornire elementi utili alla formazione, validazione e monitoraggio delle soluzioni esistenti.
Sull’opportunità offerta dal Pnrr per un cambio di passo grazie alla telemedicina, sottolinea l’importanza strategica del fattore umano anche il presidente GIMBE, Nino Cartabellotta che, intervenendo al Convegno AIIC sottolinea: “Se l’obiettivo è utilizzare questo denaro per rilanciare il Servizio sanitario, serve collaborazione tra Stato e Regioni. Servono riforme coraggiose e vincolare la spesa corrente per il personale sanitario, altrimenti sarà solo una sola operazione di lifting, particolarmente costoso”.
Propone un rinnovamento di mentalità, Antonio Vittorio Gaddi, presidente della Società italiana di telemedicina (SIT) per evitare la creazione di flussi e dati ridondanti e ingestibili. Nell’applicazione della telemedicina bisogna “ragionare con uno schema che parta dal paziente, dal bisogno del paziente e da qui definire gli obiettivi clinici e sanitari, quindi decidere cosa impiegare e inserire anche indicatori di risultato clinico, ricoveri e complicanze. Non servono solo risultati di struttura. L’etica – sottolinea – prevede indicatori di processo e struttura per il bene del paziente in cui la tecnologia favorisce e non limita il rapporto medico-paziente”.
In questo contesto, l’AIIC può “aiutare nella transizione digitale in termini di formazione e informazione per i clinici e cittadini e per questo – conclude Chiarolla – ci sarà bisogno di un numero sempre maggiore di ingegneri clinici anche sul territorio”.