Oggi l’Hiv fa meno paura e la terapia antiretrovirale funziona. Ma quali sono i bisogni dei pazienti e come si può migliorare ancora di più la loro qualità di vita?
Lo studio trasversale internazionale Positive Perspective 2, i cui risultati italiani sono stati presentati al congresso Icar 2020, nasce dalla volontà di ascoltare chi convive con il virus. Il lavoro è sostenuto da ViiV Healthcare e realizzato su 2112 persone con Hiv in terapia antiretrovirale in 24 Paesi nel mondo nel 2019.
A livello globale, l’indagine aveva già messo in luce come oltre l’80% dei partecipanti prenda altri farmaci oltre a quelli contro l’Hiv. Di questi, oltre il 40% sono classificati come pazienti che assumono poli-trattamento, aspetto correlato a più scarsi esiti di salute.
“L’elevato carico farmacologico è uno dei problemi sollevati dai pazienti con Hiv – conferma Giovanni Guaraldi, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, Professore presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, da anni si occupa di esiti riportati direttamente dai pazienti (Patient Reported Outcome – PROs) – La sfida è modulare i farmaci in base alle esigenze del paziente, andando a togliere quelli che sono tossici o interferiscono con la terapia antiretrovirale. Quest’ultima, per contro, può calibrata a sua volta, per esempio passando da un regime a tre farmaci a uno a due”.
I risultati italiani
Il campione italiano ha coinvolto 120 persone, di cui il 20% donne. Il 73% del campione si è detto soddisfatto della terapia contro l’Hiv e solo il 31% degli intervistati non vede spazi di miglioramento. Il 56% ha cambiato la terapia anti Hiv per gli effetti collaterali, il 35% per ridurre il numero di compresse e il 29% per ridurre il numero di farmaci.
Tra gli spazi di miglioramento, il 17% vuole “dimenticarsi della malattia”, un bisogno che trova riscontro nel panorama futuro delle terapie contro il virus. Pur essendo il campione delle donne limitato (24 quelle coinvolte), dall’indagine appare comunque chiara la fragilità di questa popolazione che riporta uno stato di salute complessivo peggiore rispetto agli uomini, avendo più comorbosità e riportando maggiore condizione di poli-trattamento, definito come l’assunzione di 5 o più pillole al giorno oppure di medicinali per 5 o più condizioni (il 67% delle donne riporta ‘poli-trattamento’ contro il 34% degli uomini).
“Una terapia antiretrovirale che rispetti la privacy delle persone e l’abbandono della terapia giornaliera sono fattori importanti che potrebbero aiutare a vivere più serenamente la propria condizione di sieropositività”, commenta Giulio Maria Corbelli, Presidente dell’associazione Plus Roma e membro del comitato internazionale di Advisory dello Studio, che ha presentato i dati italiani al congresso Icar.
Per Cristina Mussini, Co-Presidente del Congresso Icar 2020, Professore presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Direttore della struttura complessa di malattie infettive dell’azienda ospedaliero-universitaria di Modena, “questi dati non fanno altro che confermare quanto ci sia ancora oggi bisogno di ricerca scientifica, di nuove proposte terapeutiche, di nuove soluzioni sempre più orientate ai bisogni dei pazienti. Porre attenzione, poi, alle popolazioni fragili, in questo caso le donne, e capirne i bisogni è la sfida odierna per definire olisticamente un percorso terapeutico personalizzato e di maggior successo possibile. Anche in questi momenti difficili, come comunità scientifica e sociale siamo orgogliosi di poter proporre un congresso italiano come Icar, che riunisce davvero tutte le anime italiane del settore e dà voce a tutti gli attori”.
Guarda le interviste
Giulio Maria Corbelli, Presidente dell’associazione Plus Roma e membro del comitato internazionale di Advisory dello Studio
Giovanni Guaraldi, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, Professore presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Cristina Mussini, Co-Presidente del Congresso Icar 2020