Immunoterapia, terapie cellulari, CAR-t, terapie a durata fissa: le nuove strategie contro le malattie oncoematologiche sono tante, e hanno già prodotto risultati straordinari. La loro fruibilità, tuttavia, dipende dall’efficacia delle strategie di finanziamento e dalla copertura dei costi. Un processo di programmazione che tuttavia dovrebbe, secondo clinici e pazienti, tenere conto dei risparmi derivanti dalla guarigione dei pazienti e dal loro ritorno a una vita sana e produttiva.
Di tutto questo si è parlato nell’ultimo incontro di Camerae Sanitatis, il format editoriale multimediale nato dalla collaborazione tra l’Intergruppo parlamentare Scienza & Salute e SICS editore, dedicato, appunto, ai tumori del sangue. Obiettivo dell’incontro, realizzato con il contributo non condizionato di Abbvie, è stato confrontarsi sul concetto di “governo” del diritto all’innovazione e sul necessario ripensamento del metodo di valutazione dei costi delle terapie al fine di garantire a tutti i pazienti il trattamento più efficace ed appropriato e al tempo stesso la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.
Una puntata densa di spunti, emersi grazie agli interventi di Angela Ianaro (presidente dell’Intergruppo parlamentare Scienza&Salute); Felice Bombaci, Responsabile Gruppi Pazienti Associazione Italiana contro leucemie, linfomi e mieloma; Claudio Jommi, Professor of Practice in Health Policy presso SDA Bocconi School of Management; Stefano Molica, Direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia dell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro; Davide Petruzzelli, Coordinatore F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche e Presidente di La Lampada di Aladino Onlus; Livio Trentin, Professore Associato di Ematologia, Dipartimento di Medicina, presso l’Università degli Studi di Padova; Pierluigi Zinzani, Professore Dipartimento di Ematologia e Scienze Oncologiche Università di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi – Area S. Orsola. A condurre la puntata Ester Maragò, giornalista di Quotidiano Sanità.
“Affrontiamo – ha detto Angela Ianaro aprendo il dibattito – un tema che riguarda sicuramente l’aspetto terapeutico e farmacologico, ma anche la qualità della vita del paziente e di chi lo accompagna nel difficile percorso della malattia. Il nostro obiettivo è rendere questo cammino sempre più lieve, permettendo ai pazienti di accedere alle migliori opzioni terapeutiche e creando un sistema in grado di rispondere ai loro reali bisogni”.
“Oggi le malattie del sistema linfatico sono a tutti gli effetti patologie croniche”, ha detto Livio Trentin. “Il settore – ha evidenziato – è stato protagonista di straordinarie innovazioni terapeutiche che ora consentono non solo di prolungare la vita dei pazienti, ma anche di offrire qualità della vita”.
Tuttavia, ha aggiunto Trentin, “curare non significa solo trattare la malattia. Vuol dire dare risposte al paziente. Accompagnarlo nel percorso di malattia e nel percorso di vita. Il paziente non va mai abbandonato. Questo è importante. Tuttavia spesso i centri ospedali non riescono a offrire questo supporto”. Per Trentin tra paziente e medico c’è una alleanza, una fiducia che “i medici non possono disattendere”.
I risultati in termini di salute registrati per il mieloma multiplo e per la leucemia linfatica cronica sono, secondo Stefano Molica, “paradigmatici della rivoluzione scientifica che c’è stata”. Non esiste una stima precisa sui casi di leucemia linfatica cronica, “perché manca un registro nazionale che invece sarebbe utile”, ha detto Molica, “ma pensiamo che in Italia vivano circa 15mila casi di persone sopravvissute alla malattia”. “Molti pazienti – ha spiegato – oggi possono essere considerati a tutti gli effetti liberi dalla malattia, con una aspettativa di vita assolutamente sovrapponibile a quella della popolazione generale”.
Mentre la medicina compiva i suoi progressi, ha osservato il Direttore di Ematologia e Oncologia del Pugliese-Ciaccio, “tutto il sistema di assistenza intorno al paziente si faceva più complesso. Oggi intorno al paziente devono orbitare numerose figure, che devono poi sapere convergere per garantire non solo terapie e sopravvivenza, ma supporto e qualità della vita”.
A proposito di qualità della vita, Molica ha spiegato come un passo di grande importanza in questa direzione sia stato compiuto grazie all’introduzione di trattamenti a durata fissa, “anche 1 o 2 anni”, che consentono successivamente al paziente di “svincolarsi da rapporto continuativo con i farmaci, consentendo una qualità globale della vita decisamente migliore”.
Quanto finora descritto “non significa che sia tutto facile”, ha precisato il Direttore di Ematologia e Oncologia del Pugliese-Ciaccio. “Ci sono difficoltà, a cominciare dalla mancata corrispondenza dei tempi tra l’avanzamento della scienza, che corre veloce, e il sistema burocratico, che continua ad essere lento e farraginoso”. Per Molica, inoltre, “l’assenza di un documento di programmazione nazionale per le reti di ematologia” fa sì che “non esistano piattaforme” né “procedure comuni”. Quello a cui si assiste è “una ulteriore parcellizzazione di un sistema sanitario che è già strutturalmente parcellizzato”.
Il Direttore di Ematologia e Oncologia del Pugliese-Ciaccio ha poi sollevato il problema inerente il mancato accesso, da parte dei clinici, “alla grandissima banca di informazioni raccolte dall’Aifa negli anni”. Dati, che “consentirebbero di migliorare la fruibilità dei farmaci, l’appropriatezza prescritti e i percorsi terapeutici”.
Tante restano anche le sfide sociali. Lo ha sottolineato Felice Bombaci, che nel suo intervento ha lanciato la proposta di un Manifesto dei diritti del paziente oncoematologici, da condividere con clinici e politici. “Vogliamo che ai pazienti che hanno sconfitto la malattia siano garantiti pieni diritti”. “Il diritto all’oblio” è, per Bombaci, una priorità: “Se un ex paziente va a chiedere un mutuo, questo probabilmente non gli sarà concesso per via del suo passato di malato”. L’idea di Bombaci è che debba essere “depenalizzata l’omessa informazione sulle malattie pregresse una volta che viene superato quel periodo di tempo, che dovrà essere definito dai clinici, che consente di parlare di assenza della malattia”.
Bombaci ha chiesto poi “una migliore integrazione tra territorio e ospedale” e “un cambio di approccio nell’organizzazione ambulatoriale che consenta di effettuare le visite in tempi ragionevoli, senza ore perse nelle sale d’attesa”.
E poi, per il responsabile dei gruppi dei pazienti Lmc di Ail serve “un fascicolo sanitario elettronico realmente operativo e disponibile a tutti i livelli”. Bombaci ha invocato anche un maggiore coinvolgimento degli infermieri sul fronte delle cronicità e, soprattutto, un ruolo più importante, di coordinamento, per i medici di medicina generale, “che non devono essere burocratici, il vero punto di riferimento per i pazienti, che ancora oggi restano invece ancorati alla figura dello specialista ospedaliero”.
Per Davide Petruzzelli, le parole d’ordine sono “informazione ai pazienti, ma anche all’équipe; equità e omogeneità di accesso alle cure sul territorio; sostenibilità economica, che in un sistema pubblico e universale non può mai essere persa di vista; presa in carico, parola, quest’ultima, che fa da collettore alle precedenti”. Per il coordinatore Favo occorre infatti “tenere in considerazione tutte le dimensioni del paziente-persona. Solo così si raggiunge il più alto livello della Medicina, che si realizza quando si dà reale dignità alla persona”.
Chi meglio dei pazienti, secondo Petruzzelli, può valutare questo traguardo? Per questo il coordinatore Favo per le neoplasie ematologiche ha parlato di “scienza laica”, riferendosi alla necessità di “coinvolgere le associazioni dei pazienti in modo strutturato” nella programmazione e nella realizzazione delle politiche allo scopo di “compiere scelte sui bisogni dei pazienti e valutare la reale efficienza del percorso diagnostico terapeutico”.
Claudio Jommi ha quindi approfondito la questione inerente la sostenibilità del sistema, l’accesso e il valore dell’innovazione. “L’Italia ha sicuramente indicatori positivi per quanto concerne l’accesso alle terapie: nel triennio 2016-2019 ben l’80% dei farmaci oncologici erano rimborsati dal Ssn contro 60% della media europea”. In Italia il tempo medio tra l’autorizzazione all’immissione in commercio e la pubblicazione del provvedimento di rimborsabilità e prezzo di un farmaco “è di 400 giorni circa contro i 413 della Spagna e i 556 della Francia”. Quindi, secondo Jommi, “il lavoro fatto in ambito regolatorio è stato positivo”.
Le questioni da considerare, per una corretta programmazione, secondo l’esperto della Sda Bocconi, sono diverse. Ma tutte sembrano convergere sulla necessità di compiere una valutazione dei costi/benefici dell’opzione terapeutiche basata su “una visione olistica”. Tenendo conto, cioè, “degli effetti e dei risparmi economici derivanti da una migliore qualità di vita. Che significa anche meno ricoveri, meno costi sociali, meno costi previdenziali”, ha detto l’esperto della Bocconi.
Per Jommi è poi essenziale “abbandonare le logiche dei silos e dei tetti”, che sono “utili a contenere la spesa nell’immediato ma non a produrre quei cambiamenti strutturali che consentono efficienza e più alti risparmi nel tempo”. Utilizzare la logica dei tetti spesa in sanità, per l’esperto della Bocconi, significa “non riconoscere l’effetto che l’innovazione – sia essa farmacologica, tecnologica, di percorso o processo assistenziale – è in grado di avere sulle altre prestazioni e gli altri fattori di spesa”.
“Certo – ha ammesso Jommi – parliamo di una programmazione difficile, perché i benefici di alcune terapie costose saranno solo visibili nel lungo tempo, mentre la programmazione economico finanziaria si fa sul medio periodo, definendo risorse disponibili nel breve”. Per l’esperto potrebbe, dunque, essere utile valutare la possibilità di trasformare alcune delle voci di spesa riferite all’innovazione “in investimenti, anziché in spesa corrente”.
Che le opportunità terapeutiche oggi siano enormi lo ha ribadito anche Pierluigi Zinzani nel suo video messaggio a Camerae Sanitatis. Zinzani ha evidenziato, in particolare, la svolta rappresentata dalle CAR-t. “Sono terapie super personalizzate, plasmate sul paziente. Parliamo di terapie one shot, cioè basate su una sola seduta, che già oggi consentono la remissione completa, confermata anche dopo due o tre anni, nel 35-40% dei pazienti”.
E non è che l’inizio. “Nel giro di un paio di anni – ha spiegato l’esperto – arriveranno in Italia quattro o cinque nuove CAR-t indicate per 3 diversi tipi di linfoma, nonché per il mieloma multiplo. Sarà una vera rivoluzione, che ci consentirà di curare circa il 75-80% di pazienti con patologie oncoematologiche. È facile comprendere l’impatto sulla qualità della vita, ma anche sui costi in termini di sistema”.
Zinzani ha poi parlato di nuovi approccio terapeutici orali che “sfruttano dei pathway specifici che vanno a disinnescare ‘il grilletto’ che dà il via alla patologia monoclonale neoplastica”. Questa terapia, che ha definito, “until the progression”, “funziona e si continua finché non si registra una progressione della malattia importante”. Il problema, ha precisato Zinzani, “sarà capire qual è il rischio di vedere insorgere di nuovo la terapia una volta sospese le cure”. Con le CAR-t, ha spiegato, “è difficile che avvenga una ricaduta tra chi ottiene la risposta competa, e la mantiene dopo 1 o 2 anni”. Tuttavia “quando parliamo di terapia farmacologia orale, con trattamenti quotidiani per 5 o 6 anni, sarà solo il follow up e il tempo a darci risposte”.
di Lucia Conti