Con il 20% dei casi sul totale dei tumori maschili, il tumore alla prostata (PCa) è la forma di neoplasia più frequente tra gli uomini, con circa 41mila nuovi casi in Italia nel 2023 (fonte AIRC). Una diagnosi precoce, attraverso programmi di screening personalizzati e basati sul rischio clinico si rivela fondamentale.
L’individuazione di un rischio genetico-familiare e la diagnosi precoce del PCa sono al centro di uno studio no profit dell’Istituto Clinico Humanitas, finanziato dalla Fondazione AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), i cui primi risultati sono stati presentati nel corso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) Genitourinary (GU) Cancers Symposium 2024.
L’obiettivo è valutare l’efficacia dello screening precoce su individui ad alto rischio genetico, ovvero soggetti sani portatori di mutazioni DRG (Geni Riparatori DNA, uno dei più conosciuti è il BRCA2), che possono sviluppare precocemente tumori più aggressivi.
“I soggetti eleggibili per lo studio, che conta ad oggi più di 100 partecipanti – spiega Massimo Lazzeri, urologo dell’Istituto Clinico Humanitas – sono stati individuati utilizzando due modalità: investigando la linea femminile della famiglia, ovvero donne portatrici di mutazioni BRCA1-2 (una tipologia di DRG) e quindi con un aumentato rischio di sviluppare determinati tipi di tumore, in particolare alla mammella e all’ovaio; investigando pazienti con tumore alla prostata, cercando di individuare i portatori di mutazioni DRG. In entrambi i casi ai familiari di sesso maschile è stato offerto un counseling genetico per verificare la presenza di mutazioni DRG, ed i casi positivi sono stati monitorati attraverso uno screening personalizzato, comprensivo di test di laboratorio e diagnostica per immagini”.
“La combinazione di un nuovo marcatore biochimico come il phi (Prostate Health Index) e la risonanza magnetica nucleare – sottolinea Lazzeri – ha l’obiettivo di bilanciare i rischi di sovradiagnosi e sovratrattamento legati al PSA (Antigene Prostatico Specifico), evitando la mancata diagnosi e quindi sotto trattamento in una categoria di soggetti particolarmente a rischio di sviluppare un tumore prostatico”.
“L’obiettivo di questo studio – continua l’urologo dell’Istituto Clinico Humanitas -che ha avuto inizio nel 2022, è quello di offrire una corretta diagnosi del tumore alla prostata in una categoria specifica di soggetti non affetti ma geneticamente a rischio. Proprio in questo gruppo di uomini sarà necessario procedere con metodi di screening personalizzati che integrino nuovi marcatori biochimici, come il phi, o molecolari con le nuove metodiche di imaging”.
In particolare, la collaborazione in Humanitas con i dipartimenti di Laboratorio e Genetica, di Oncologia, di Patologia e di Radiologia, è cruciale per l’accurata diagnosi del tumore alla prostata.
“L’utilizzo del marcatore ematico come il phi, combinato alla risonanza magnetica – conclude Lazzeri – potrebbe attestarsi come uno strumento essenziale, per migliorare l’accuratezza del rilevamento del cancro alla prostata, in questo caso nei soggetti con predisposizioni genetiche, confermando anche l’importanza della multidisciplinarietà del percorso”.