(Reuters Health) – Al 52° congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago, Novartis ha presentato uno studio di Fase II su una combinazione di due farmaci, Tafinlar (dabrafenib) e Mekinist (trametinib) già utilizzati per il melanoma cutaneo, che hanno ridotto la massa tumorale nel 63% dei 57 pazienti con carcinoma non a piccole cellule BRAF V600E- mutazione positiva, che non avevano risposto alla chemioterapia.
Novartis aveva in precedenza ottenuto l’approvazione di questi due farmaci da FDA ed EMA per il loro utilizzo nel melanoma della cute, e “adesso punta all’approvazione della combinazione per il carcinoma del polmone da parte dell’FDA entro luglio prossimo”ha dichiarato Alessandro Riva, responsabile di Novartis Oncology. Il cancro polmonare BRAF V600E-positivo è piuttosto raro ma letale in quanto la mutazione del gene che lo contraddistingue induce il tumore a crescere rendendo difficile debellarlo con la sola chemioterapia. Nello studio la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 9,7 mesi che, secondo Riva, è un fatto senza precedenti. Questi risultati sono stati preceduti da uno studio su 24 pazienti nel 2015 che ha dimostrato evidenze simili.
“Stiamo parlando di un tasso di risposta che supera il 60% e di una sopravvivenza libera da progressione di malattia che si avvicina ai 10 mesi – ha sottolineato Riva – se pensiamo che la con la chemioterapia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) non supera i due-tre mesi”.
1,3 mld di vendite per il 2018
Secondo le previsioni le vendite dei due farmaci per il 2018 si aggireranno attorno agli 1,3 miliardi di dollari. Alla fine dello scorso anno Roche, ha ottenuto l’approvazione per la combinazione Zelboraf (vemurafenib) e Cotellic (cobimetinib) per il melanoma BRAF V600. Grazie a questo ultimo studio, Novartis sta cercando di allargare l’indicazione d’uso di dabrafenib e trametinib. Secondo i ricercatori, il nuovo studio di Novartis apre una potenziale strada nella cura di un tumore del polmone tra i più aggressivi e per il quale la prognosi è sfavorevole. “Riuscire a trattare il carcinoma non a piccole cellule offre una speranza per una piccola quota di pazienti meno abbienti”, ha concluso il dottor David Planchard del Cancer Institute Gustave Roussy, principale ricercatore dello studio.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana per Daily Health Industry)