All’indomani del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti, opinion leader e manager cominciano a interrogarsi su quali saranno le potenziali conseguenze per l’industria farmaceutica.
Al Financial Times (FT) Global Pharma and Biotech Summit di Londra del 6 novembre – proprio nelle ore immediatamente successive alla rielezione di Trump – la CEO di GSK, Emma Walmsley, ha cominciato a delineare un possibile scenario per la sua azienda.
Scenario che, per alcuni temi, potrebbe rappresentare quello di ogni pharma europea con grossi interessi produttivi e commerciali negli States. “Gli Stati Uniti rappresentano un mercato estremamente importante per GSK”, ha affermato Walmsley. “Siamo un’azienda globale, ma più della metà del nostro business è negli Stati Uniti, dove abbiamo investito molto in termini di produzione. È di gran lunga il mercato più importante in cui portare la nostra innovazione”.
Walmsley ha ricordato la grande collaborazione di GSK con le precedenti amministrazioni della Casa Bianca anche durante la pandemia di Covid-19. “Vediamo cosa succede sulla base di chi verrà nominato e per quale ruolo nell’amministrazione”, ha dichiarato la CEO, che, di contro, ha sottolineato con preoccupazione il calo dei tassi di vaccinazione negli USA, con 38 Stati che riportano percentuali inferiori a quelle del 2019. Riflettendo sulla necessità di un dialogo costruttivo sui vaccini, Walmsley ha parlato dell’importanza della trasparenza nella presentazione di dati scientifici per rinsaldare il rapporto di fiducia tra cittadini e sanità.
Sebbene i vaccini costituiscano una parte fondamentale del portafoglio di GSK, Walmsley ha comunque sottolineato che l’azienda ha molto da offrire a un mercato in cui l’aspettativa di vita media è di quattro anni inferiore alla media OCSE: “I vaccini sono una parte importante della nostra attività ma non la più grande. Abbiamo farmaci innovativi che quest’anno stanno crescendo del 20%”.