Lo sviluppo di un nuovo farmaco è un processo lungo e costoso che comporta un elevato rischio di fallimento. Per le aziende specializzate in terapie cellulari o geniche un problema aggiuntivo è rappresentato da come realizzare in modo affidabile i propri prodotti. A differenza di quelli a base di small molecule o di anticorpi, i farmaci genetici sono caratterizzati da una produzione suddivisa in più parti parti “specializzate”, intrecciate tra loro attraverso un processo complesso.
I trattamenti “ex vivo” possono richiedere diverse settimane per raccogliere, moltiplicare e modificare in laboratorio le cellule di un paziente. Anche le terapie “in vivo”, più semplici, sono composte da diversi elementi tra i quali virus ingegnerizzati e materiale genetico sintetico, difficili da produrre su larga scala.
Negli ultimi anni le approvazioni di alcune terapie per la cura del cancro e delle malattie ereditarie, basate su cellule e geni, hanno premiato le grandi aziende farmaceutiche o biotecnologiche che hanno investito molto nella produzione. Le startup, invece, non possono ancora permettersi questo lusso.
C’è però un aspetto molto importante di cui tenere conto: la ricerca sulla terapia cellulare e genica è in piena espansione. Secondo l’Alliance for Regenerative Medicine, l’anno scorso erano in corso, in tutto il mondo, oltre 2.200 studi clinici su questo tipo di terapie. Una massa critica che, se non evasa, rischia di creare un collo di bottiglia nella messa a punto delle terapie. E qui possono entrare in gioco le giovani aziende e le startup.
Dal 2017 sono nate alcune aziende che hanno lanciato piani per alleviare i “colli di bottiglia” che rallentano gli aspiranti sviluppatori di terapie cellulari e geniche. La maggior parte sono state avviate da veterani del settore hanno ottenuto il sostegno di alcune società di venture capital. Si tratta, ora, di capire come il mercato potrà assorbire questa novità. Un mercato che muove e “consuma” grandi cifre.