Il 40% delle morti per le cinque maggiori cause di decesso ogni anno sarebbe dovuto a fattori di rischio modificabili. A evidenziarlo sono state le statistiche rilasciate dei CDC americani. Un dato che sottolinea come sia importante cambiare le abitudini delle persone, anche se si è visto che farlo è molto difficile, nonostante decenni di ricerche, articoli e libri scientifici e divulgativi sull’argomento.
Cambiare, in realtà dipende da persona a persona. Ognuno ha le proprie motivazioni, dunque le soluzioni dovrebbero essere personalizzate. Ma i medici vedono i loro assistiti un paio di volte l’anno, quando stanno bene, al massimo quattro se hanno problemi. Questo rende difficile per il medico avere un impatto significativo sul cambiamento di abitudine delle persone. Ed ecco perché la tecnologia, attraverso smartphone e app, può svolgere un ruolo importante nel monitoraggio e nella comunicazione.
Ovviamente le app già spopolano. Se ne contano circa 160mila disponibili per Apple e Android. Secondo uno studio del 2013 di Compuware, però, l’80-90% di tutte le applicazioni scaricate viene usata solo una volta e poi eliminata.
Ecco le quattro grandi linee di tendenza che promettono di spingere le persone ad assumere un comportamento più sano.
Modificazione della percezione dei rischi
Nel marketing cercare di cambiare il comportamento è all’ordine del giorno ormai da decenni. “Gli inviti a cliccare da qualche parte, a contattare qualcuno o a scaricare qualcosa non sono altro che cambiamenti di comportamento”, dice Johanna Skilling, vice presidente esecutivo di Ogilvy CommonHealth Worlwide. Oggi le agenzie di comunicazione sanitaria stanno affrontando questo cambiamento. La stessa Skilling ha lavorato a numerosi programmi, da Get Quit, lanciato insieme al farmaco Chantix, di Pfizer, per aiutare a smettere di fumare, a collaborazioni con associazioni incentrate sulla salute del paziente.
Questi programmi cercano di convincere la gente a pensare e ad agire in un certo modo, sfruttando delle leve psicologiche per sradicare comportamenti radicati. “Bisogna convincere la gente a pensare in modo diverso prima di fare qualcosa di diverso”, ha sottolineato Skilling. Nonostante questo, se il paziente non è pronto a cambiare anche l’intervento più innovativo potrebbe essere inutile.
Quando però le persone si impegnano a cambiare comportamento è importante dare la giusta comunicazione. Il che significa non dare lezioni, una tattica radicata nell’ambiente del marketing in sanità. “Per l’assistenza sanitaria tradizionale vengono forniti contenuti scientifici – ha spiegato Skilling – ma le aziende hanno bisogno anche di arrivare in profondità, nei comportamenti e nelle credenze delle persone”. A dare una mano ci sono anche i programmi fedeltà, attraverso i quali si possono ottenere dati sull’aderenza alle terapie. È un esempio il programma di NovoNordisk “Cornerstones4Care” dedicato ai diabetici, che si basa su co-payment, e-mail e coaching personale.
L’azienda danese ha già dimostrato che chi è iscritto a questo programma ha 1,4 prescrizioni in più rispetto a chi non lo segue. E anche se non è chiaro se il programma aiuti nella riuscita delle terapie – visto che il futuro, almeno negli USA, sembra passare attraverso i rimborsi sulla base dei risultati raggiunti – è facile immaginare che questo tipo di programmi diventeranno sempre più importanti.
Uso della realtà virtuale
Le simulazioni virtuali umane sono state progettate per aiutare medici, operatori sanitari e pazienti nella comunicazione. La società Kognito, per esempio, ha sviluppato un sistema che si basa su colloqui motivazionale per cercare di portare le persone a fare un cambiamento importante. La stessa azienda ha applicato la sua tecnologia per fare valutazioni in ambito sanitario, tanto che sembra che un questionario somministrato in modo virtuale sia più efficace di uno fatto di fronte a una persona in carne e ossa, dal momento che gli intervistati fornirebbero risposte più aperte e oneste.
Un’altra applicazione di successo della realtà virtuale di Kognito è stato il programma dedicato ai pediatri per discutere in modo più efficace e produttivo l’obesità infantile con i giovani e i loro genitori. Su 307 medici che lo hanno utilizzato, l’88% ha dichiarato di avere cambiato le modalità di portare avanti un colloquio. Inoltre, la stessa azienda ha realizzato programmi per preparare gli educatori ai colloqui con bambini a rischio di suicidio e di abuso di sostanze.
Monitoraggio delle malattie croniche
Oltre a diabete e malattie cardiache, un certo numero di aziende sta cominciando ad affrontare altri problemi di salute, come la depressione. La app Iodine, per esempio, ha lo scopo di aiutare le persone a capire se, dopo sei settimane, un antidepressivo sta funzionando o meno, monitorando le dosi dei farmaci e gli effetti collaterali. Inoltre, può essere usato dai medici per condividere report medici. L’app fa parte del CareKit di Apple, lanciato a marzo di quest’anno, che si aggiunge a ResearchKit, sempre di Apple, lanciato nel 2015, che aiuta i ricercatori a raccogliere i dati degli studi clinici, ed a HealthKit, la piattaforma rilasciata nel 2014 che aiuta gli sviluppatori di app ad integrare il monitoraggio dei parametri di salute.
In effetti, questi programmi aiutano a capire che succede tra una visita e l’altra. E il 15% degli adulti americani già vorrebbe un team di assistenza online, per il monitoraggio a distanza dello stato di salute. Inoltre, a fronte di una elevata domanda di strumenti di supporto, il 30% delle persone che va online per prendere decisioni in ambito sanitario dice che è difficile orientarsi.
Trasporti accessibili
Circa 3,6 milioni di pazienti perdono i loro appuntamenti ogni anno a causa della mancanza di accesso al trasporto. “È un problema che riguarda spesso i disabili, specie se a basso reddito”, dice l’epidemiologo John Brownstein, che ha ideato l’app MedWatcher e il sito StreetRx.com.
Brownstein, professore di pediatria e informatica biomedica alla Harvard Medical School di Boston, ha anche collaborato con Uber per realizzare Circulation, un software per aiutare i pazienti in difficoltà che devono recarsi in ospedale, lanciato nel corso dell’evento MUSE, il 31 marzo scorso. E il software è anche un modo per ridurre il tempo di attesa in ospedale.
Non è la prima volta, comunque, che Brownstein collabora con Uber. Nel 2014 aveva utilizzato il servizio per unirlo all’HealthMap Vaccine Finder, un sito web che dice al pubblico quali sono i fornitori di vaccini in zona. La combinazione dei due siti ha dato origine a UberHealth. Per un giorno gli utenti di quattro città hanno potuto ordinare la consegna di un vaccino a casa loro o in ufficio, con un’infermiera che somministrava la dose. E il risultato è stato che più di duemila persone hanno approfittato del servizio di vaccinazione.