Il sistema attuale che prevede due fondi separati per i farmaci innovativi, oncologici e non oncologici, va ridefinito e semplificato, nella direzione di una maggiore flessibilita’ . Gran parte degli esperti e’ favorevole al mantenimento, ma il 72% ritiene necessaria una riforma e la soluzione puo’ essere rappresentata da un unico fondo gestito in modo piu’ flessibile, tenendo in considerazione i vincoli di finanza pubblica. Questi i risultati dello “Studio Delphi sul Fondo Farmaci Oncologici Innovativi“, promosso dal Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) in collaborazione con Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), e il supporto non condizionato di MSD.
Il 67% degli esperti e’ favorevole all’estensione della permanenza dei farmaci innovativi all’interno dei fondi oltre i 3 anni, se non sono disponibili alternative terapeutiche. Per il 64%, vanno riviste anche le modalita’ di finanziamento, senza erodere risorse per obiettivi di piano e l’erogazione dei Lea. “In Italia, nel 2020- evidenzia Giordano Beretta, presidente Aiom – sono stimati 377mila nuovi casi di tumore. È diffusa la percezione che il Fondo per gli oncologici innovativi abbia contribuito a ridurre i tempi per accedere alle nuove terapie anticancro, e abbia agevolato la prescrivibilita’ . È auspicabile, pero’ , che il sistema venga semplificato, prevedendo, ad esempio, un fondo unico, e che ci sia una maggiore flessibilita’ nella programmazione, senza dimenticare i vincoli di finanza pubblica”. Al 31 dicembre 2019, 15 molecole erano incluse nel Fondo per gli innovativi oncologici e 10 nel Fondo per le altre patologie. Complessivamente 41 terapie sono state inserite nelle due fonti nel triennio 2016-2019.
“Durante la pandemia vanno messe in atto misure per la tutela dei pazienti, e la proposta di un Fondo unico risponde all’esigenza di accedere in tempi brevi alle terapie innovative – sottolinea Francesco Cognetti, Presidente Foce (ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi) – dall’altro lato e’ fondamentale garantire la continuita’ di cura. Altrimenti rischiamo di vanificare i progressi ottenuti negli ultimi 20 anni”.