Se da un lato il PDTA sulla SM elaborato dall’Agenas punta ad una trasformazione della presa in carico e al relativo riconoscimento di un percorso nuovo per i pazienti e compiutamente multidisciplinare sul territorio, la realtà delle Regioni è ancora un po’ diversa ed anche in Lombardia (ultima tappa del Regional Summit dedicato) la strada da percorrere non è brevissima.
L’ultima tappa del Regional Summit dedicato alla Governance della Sclerosi Multipla, approfondimento realizzato con il contributo non condizionante di BMS si ferma in Lombardia.
Nicola De Rossi, Centro di Sclerosi Multipla dell’ASST Spedali Civili di Brescia ci accompagna, come Virgilio con Dante, non certo nei gironi di un inferno ma, semmai, in una sorta di Purgatorio dove le enormi capacità scientifiche di strutture e professionisti che la regione esprime sono ancora alle prese con un riconoscimento definitivo del profondo cambiamento nella presa in carico dei pazienti con SM.
Se da un lato il PDTA elaborato dall’Agenas punta proprio a questa trasformazione e al relativo riconoscimento di un percorso nuovo per i pazienti e compiutamente multidisciplinare sul territorio, la realtà delle Regioni è ancora un po’ diversa ed anche in Lombardia la strada da percorrere non è brevissima.
Dal punto di vista dei professionisti, spiega De Rossi, “in Lombardia esiste già una rete molto attiva che si è adoperata negli ultimi anni per realizzare tutta una serie di attività di carattere scientifico, ma non solo. Una rete, sottolinea, che però oggi ha la necessità di essere riconosciuta a livello istituzionale ed è su questo che stiamo lavorando. La malattia è cambiata, è cambiata nel decorso, nelle sue caratteristiche che noi adesso osserviamo con un’attenzione diversa ed è cambiata nelle modalità con cui ci approcciamo ad essa. È cambiata anche nelle possibilità terapeutiche che si sono rese disponibili.
La “libertà” terapeutica
Il progresso scientifico consente, quindi, anche per la Sclerosi Multipla un approccio più personalizzato che, tuttavia, per certi versi ancora si scontra con alcune rigidità di carattere regolatorio sulle quali l’impegno della comunità scientifica appare corale. “Certamente teniamo in seria considerazione i vincoli, che sentiamo tutti abbastanza stretti, della nota 65 che impone di scegliere il paziente in base non tanto alle sue caratteristiche ed esigenze più profonde, ma in base al tipo di decorso infiammatorio. Abbiamo richiesto a gran voce la possibilità di eliminare questo vincolo e di darci la possibilità di scegliere per il singolo paziente la terapia più corretta. Insomma – chiarisce – crediamo sia arrivato il momento di superare questa dicotomia fra terapia di primo livello e terapia di secondo livello e ad oggi, pur rispettando quelle che sono le esigenze e i criteri dell’Aifa, devo dire che si sta cercando di introdurre una certa elasticità per consentirci di utilizzare prima e meglio le terapie di cui abbiamo disponibilità. Abbiamo nuove opportunità terapeutiche. Abbiamo nuove armi. Abbiamo delle conoscenze che ci dicono che prima interveniamo, meglio è. Che maggiore è il nostro controllo della malattia su tutti i piani, non solo quello clinico della ricaduta, non solo quello radiologico, ma per esempio anche quello cognitivo, quello del mantenimento delle performance motorie sul lungo termine, quello della riduzione della fatica, maggiore sarà la qualità di vita del paziente ed anche, in definitiva, la sostenibilità del servizio sanitario”.