L’emergenza Covid ha spinto la sanità a muoversi in deroga a molte norme, in nome della velocità. Questo comportamento ha riacceso i riflettori sulla necessità di sburocratizzare l’intero comparto, pur senza sacrificare i necessari controlli. Sul come riuscirci, si è interrogata una rosa di dirigenti sanitari durante il secondo SaniTalk, l’appuntamento mensile di SaniTask, l’iniziativa editoriale di Sics sostenuta incondizionatamente da Alfasigma, che approfondisce i temi più importanti che interessano il management sanitario a tutti i livelli.
La burocrazia pesa infatti sui cittadini, che lamentano difficoltà d’accesso a visite e prestazioni sanitarie, ma anche sui professionisti della salute: secondo uno studio condotto da Fiaso e Cnr, il 52,2% del top e middle management ritiene il carico burocratico molto pesante e il 40,4% abbastanza pesante (dati pre-Covid). Mancherebbe poi un’adeguata comunicazione interna tra quadri dirigenti e non sempre le semplificazioni organizzative ridurrebbero davvero la burocrazia.
Non tutta la burocrazia vien per nuocere
Per Angelo Tanese, direttore generale Asl Roma 1 e vicepresidente Fiaso, sebbene in questi anni sia cambiata molto la consapevolezza da parte soprattutto tra il middle management delle aziende, che si è sempre più identificato con la mission della sua struttura, “oggi una semplificazione è comunque necessaria. Il Covid ci ha insegnato che quando siamo focalizzati all’obiettivo dobbiamo lavorare più in fretta. Credo che una parte di quella che chiamiamo burocrazia sia fisiologica in un’amministrazione pubblica, che è un ordine di garanzia e ha necessità di tracciare le decisioni. Tuttavia, bisogna riuscire a snellire tutto ciò che appesantisce le procedure”. L’altro aspetto riguarda il rapporto con i cittadini: “Per loro burocrazia è sinonimo di difficoltà di accesso – ha ricordato il Dg – e questo non si risolve agendo sulle norme, ma migliorando l’organizzazione dei servizi”.
Marcello Pani, segretario nazionale Sifo e direttore farmacia Policlinico Gemelli di Roma, ha ricordato come non tutta la burocrazia vien per nuocere: “Il farmacista può essere un facilitatore per esempio per quanto riguarda le Atmp, le terapie innovative: per garantire l’equità di accesso al paziente, è importante che il farmacista abbia un dialogo costante con il clinico”. Un altro esempio sono i registri Aifa: “Non si tratta di meri strumenti amministrativi – ha affermato Pani – poiché consentono anche di recuperare risorse economiche e servono per verificare l’appropriatezza dell’utilizzo delle varie molecole”.
Puntare su persone e competenze
“Nella mia esperienza ho rilevato come determinate disposizioni appaiano al clinico come ingombranti perché sembrano rubare tempo all’attività clinico-diagnostica – ha detto Claudio Garbelli, Anmdo e Valutatore di sistemi di qualità ISO 9001-2015 in sanità – A volte questo è vero, altre meno. Prendiamo la cartella clinica, il documento principe che permette la tracciabilità di ciò che è stato fatto. Credo che la sua compilazione non sia un compito da intendersi in modo negativo, ma come qualcosa che tutela non solo il paziente, ma anche gli operatori sanitari che se ne sono occupati. Chiaramente non si deve appesantire o duplicare la documentazione come invece a volte avviene. Si tratta di usare bene strumenti che già abbiamo”.
È chiaro che il management non può incidere sugli aspetti normativi in mano al legislatore. Può invece fornire il suo contributo nell’interpretazione e nella traduzione in pratica clinica di queste regole: “Io credo che sia necessario svecchiare la classe dirigente, anche quella tecnica e amministrativa – ha esordito quindi Franca Dall’Occo, Direttore generale Asl To3 e rappresentante di Federsanità Anci – In questo momento dovremmo sfruttare le risorse a disposizione per investire nell’assunzione e formazione di giovani laureati dirigenti che possano portare una ventata di innovazione nell’applicazione di queste normative. Dobbiamo puntare sulle persone e sulle competenze, prima che sui device”.
Il Covid ha permesso di mettere in pratica alcune attività sul territorio che hanno semplificato l’accesso ai servizi per i cittadini, secondo Stefano Vianello, Presidente Card Veneto: “Il distretto è il luogo fisico più vicino in cui il cittadino si “scontra” con la burocrazia sanitaria e proprio per questo dobbiamo esser in grado di semplificare. Lo abbiamo fatto, per esempio permettendo la scelta e revoca del medico di medicina generale online, l’esenzione ticket via mail, la conferma del piano terapeutico per molti pazienti cronici a distanza… Questo è stato possibile grazie a una miglior organizzazione e comunicazione tra i servizi”.
“Durante il Covid per la prima volta abbiamo sperimentato la gestione dei grandi numeri, con una concentrazione elevatissima di popolazione che necessitava di aiuto nello stesso momento – ha ricordato Carlo Rinaldo Tommasini, direttore generale diritti di cittadinanza e coesione sociale Regione Toscana – Per gestire grandi numeri dobbiamo semplificare i processi. Uno dei metodi più conosciuti è il Kiss (Keep it simple, stupid): un servizio per essere utilizzato al meglio deve essere semplice. Non solo per l’utente esterno, ma anche per quello interno. Su questa logica credo si giochi gran parte dell’autonomia delle Regioni”. Tommasini ha ricordato come la Toscana gestisca quotidianamente dalle 4.000 alle 8.000 telefonate al giorno per il tracciamento dei positivi e dei loro contatti: “Auspico che queste centrali di tracciamento saranno mantenute anche quando sarà finito il Covid e che saranno usate per tracciare i pazienti cronici”.
Resistenza al cambiamento
I manager intervenuti sono stati tutti d’accordo nell’individuare nella resistenza al cambiamento l’ostacolo principale per snellire processi e procedure. Per questo, secondo tutti, è necessario investire per svecchiare le competenze, prima ancora delle persone. Per Tanese “serve una forte spinta all’innovazione e al risultato; abbiamo bisogno di un management capace non solo di elencare ciò che deve essere fatto, ma di indicare anche il come”. Per Gabelli è importante “evitare catene di comando plurime e non avere linee parallele nella trasmissione dei dati”. Per Pani, in ambito farmaceutico, occorre “fare tesoro di ciò che abbiamo sperimentato quest’anno, per esempio la modalità di consegna dei farmaci on delivery”.
Stefano Vianello ha sottolineato l’importanza di “sistemi informatici in grado di comunicare tra di loro. Se le macchine sono in grado di parlarsi, anche la cooperazione tra professionisti sarà più semplice”, ha ribadito. Per Dell’Occo è centrale “partire dall’analisi del fabbisogno e sviluppare un percorso e un processo fluido di tipo aziendale, ma anche regionale, nazionale ed europeo”.
Tommasini, infine, ha ricordato come il cambiamento, in tempo di Covid, sia stato molto veloce: “La variabile tempo va considerata, nei meccanismi di resistenza. Dobbiamo trovare un sistema che faciliti la rapidità della comunicazione con i vari professionisti. Spesso infatti le risposte ai problemi ci sono, ma non abbiamo il tempo per arrivare capillarmente da ciascuno”.
Prossima puntata: Recovery plan
Il prossimo SaniTalk, a fine marzo, sarà dedicato alla discussione sul Recovery plan, che prevede per l’Italia circa 223 miliardi, di cui una ventina da destinare alla sanità.
I manager intervenuti hanno auspicato un programma che permetta non solo di ricevere queste risorse, ma di spenderle bene, potenziando l’assistenza domiciliare e pensando a misure personalizzate in base ai bisogni di ogni singolo territorio. Un’occasione irripetibile che non va sprecata.