Rapporto ospedale territorio, ruolo del middle management sanitario, digitalizzazione, capillarità delle cure. Sono questi alcuni dei temi toccati durante l’ultimo Sanitalk, che ha visto un parterre tutto al femminile. A sei mesi dal suo debutto, Sanitalk è infatti tornato a parlare del futuro del management in sanità, con l’intenzione di aggiornare la situazione con i cambiamenti che ci sono stati in questo periodo, con alcune di quelle che all’epoca erano novità e che oggi stanno per essere rese operative.
Sanitalk è l’appuntamento live mensile di SaniTask, l’iniziativa editoriale di Sics, sostenuta incondizionatamente da Alfasigma, che approfondisce i temi più importanti che interessano il management sanitario a tutti i livelli.
Cambiare pelle
Fino alla pandemia Maria Capalbo, direttore generale Ao marche Nord e vicepresidente nazionale di Federsanità, ammette di aver avuto una visione ospedalocentrica: “Con il Covid ho però capito che l’ospedale, da solo, non basta. Abbiamo bisogno di strutturare meglio il territorio – ha affermato – Il nostro middle management è chiamato a cambiare pelle, adeguandosi alle mutazioni che stanno coinvolgendo la sanità. Vanno riviste e arricchite le competenze, soprattutto quelle del direttore di distretto e del responsabile Itc. Servono poi responsabili del rischio clinico, manager dei flussi, esperti di intelligenza artificiale e in generale figure in grado di colmare i gap informativi. Per raccogliere la sfida credo sia importante riprogettare i processi di produzione pensando alle interazioni interdisciplinari; stabilire in modo più preciso i fabbisogni; lavorare per una reale integrazione socio sanitaria”.
Le risorse umane sono centrali anche per Barbara Cittadini, presidente dell’Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata: “Ritengo sia necessaria una grande sinergia e professionalità, in campo medico ma anche in quello del management delle strutture – ha affermato – Negli ultimi anni la programmazione non ha funzionato non solo dal punto di vista dei posti letto, ma abbiamo assistito a una progressiva deospedalizzazione senza che partisse in contemporanea il potenziamento del territorio. Inoltre, non ha funzionato nemmeno la programmazione delle figure sanitarie. Noi oggi abbiamo carenza di medici, specialisti, ma anche di figure tecniche intermedie, fondamentali nella gestione della sanità. Credo che serva una riforma strutturale del sistema che comprenda anche una riprogrammazione qualitativa e quantitativa. L’offerta deve essere sovrapponibile a livello nazionale, ferme restando le peculiarità regionali. Ma un cittadino deve poter ricevere un trattamento qualitativamente elevato in qualunque territorio. Oggi, purtroppo, Questo non è così”.
Mara Azzi, direttore generale dell’Ats di Pavia e vicepresidente Fiaso, ha poi acceso i riflettori sulla comunicazione: “Nella mia esperienza ho visto che molti servizi esistono e non si conoscono. Oppure che il cittadino più informato riesce a fruire dell’offerta a disposizione, mentre chi lo è meno ha delle difficoltà. Credo che dovremmo essere più attenti ad ascoltare il bisogno e pronti a fornire risposte a 360 gradi, a partire dai medici di medicina generale con i quali dobbiamo stringere un’alleanza per una presa in carico complessiva”.
A macchia di leopardo
E le differenze regionali, esistenti da sempre, si sono imposte con maggior forza durante la pandemia: “Il Covid ha evidenziato risposte a macchia di leopardo: laddove il territorio era organizzato, ha dato delle risposte, sebbene non perfette. Come Card sosteniamo da sempre l’importanza della territorialità delle cure – ha ricordato Rosa Borgia, vicepresidente nazionale Card e direttore dell’Area distrettuale 1 dell’Asl Lanciano Vasto Chieti – Durante la pandemia il Covid non è entrato nelle case delle persone che seguiamo: ci siamo preoccupati in tempo di tamponare e vaccinare tutti gli operatori che andavano al domicilio e i pazienti cronici gravi non sono finiti in ospedale”.
Per Borgia “L’omogeneità delle strutture territoriali è una garanzia per l’assistenza. Crediamo che i tempi siano maturi per lavorare in team sotto un unico governo, quello distrettuale, avendo come obiettivo una reale integrazione socio-sanitaria”.
Rossella Moscogiuri, direttore del Dipartimento Farmaceutico Asl Taranto e membro Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici) ha sottolineato l’importanza di sganciarsi dalle mere competenze tecnico-professionali e investire nelle cd. “soft skill e nelle competenze trasversali dell’esercizio della leadership: “Abbiamo bisogno di un middle management con competenze trasversali che consentano di interagire con tutte le professionalità con cui è connesso”, ha affermato. E in questo il farmacista ha un ruolo centrale perché si trova nel mezzo di una rete di relazioni. “È importante l’ascolto attivo e empatia che il farmacista può esercitare durante l’erogazione diretta dei farmaci – ha ricordato Moscogiuri – Il futuro della professione va oltre la semplice dispensazione di farmaci”.
Francesca Ciraolo, presidente Anmdo Toscana e Direttore Sanitario della Ulss 4 del Veneto, ha evidenziato la necessità di un nuovo paradigma: “Il 2019 è stato l’ultimo anno di un modello di gestione che oggi possiamo considerare superato, ma non siamo in grado di definire quali saranno i nuovi modelli. Gli stimoli sono tantissimi e in questa fase, grazie al Pnrr le risorse non sembrano più un problema”. Prendendo l’esempio della telemedicina, Ciraolo ha sottolineato come sia necessario “informatizzare il sistema ospedaliero, integrare il vantaggio clinico con un miglioramento organizzativo, superare le barriere relative alla gestione e sicurezza dei dati e fare i conti con il problema generazionale. Per quest’ultimo aspetto dobbiamo stare attenti a non aggredire solo una parte dell’utenza, quella che è più tecnologica. Dobbiamo riuscire ad arrivare a tutti, superando dicotomia tra ospedale, territorio, prevenzione, e smettendo di considerare i nostri utenti come una massa. Sono persone distinte in base alla fase in cui si trovano”.
Le sfide per il futuro
I prossimi mesi potrebbero essere decisivi per la tenuta del Ssn e il suo sviluppo. Tante sono le priorità e gli aspetti su cui lavorare, ben sintetizzati dalle partecipanti al panel.
Borgia ha ricordato some sia fondamentale “promuovere una medicina proattiva e partecipata sia dagli operatori sia dai cittadini, alfabetizzare le persone all’autocura. Abbiamo dimostrato durante la pandemia di poter essere flessibili e di saper collaborare con l’ambito sociale. Ora rendiamola una pratica consolidata”.
Capalbo ha proposto di “ripartire dal distretto integrato, vera chiave di volta del sistema. Per risolvere i problemi del cittadino occorre una governance istituzionale locale che renda possibile l’integrazione del sociale con il sanitario. Dobbiamo investire in questa direzione”.
Per Cittadini “è necessario superare quelle norme che mettono un freno all’integrazione pubblico-privato e lavorare tutti insieme in modo virtuoso, modulando l’offerta in base al territorio”.
E il territorio è al centro anche della riflessione di Azzi: “Tra le sfide più importanti che abbiamo di fronte a noi c’è la revisione e la riorganizzazione dell’offerta sul territorio – ha affermato – Bisogna partire dalla conoscenza dei bisogni assoluti del territorio e dei cittadini e costruire una risposta che non è solo sanitaria, ma anche socio-sanitaria e socio-assistenziale”.
Moscogiuri, infine, ha insistito sul superamento del sistema dei silos, in ottica di spesa farmaceutica: “Serve una rivisitazione impossibile da realizzare senza l’integrazione dei dati tra farmaceutica e gli altri archivi amministrativi – ha osservato – La vera sfida è passare da un sistema a silos a uno davvero integrato, che superi la parcellizzazione oggi esistente”.
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