Quali insegnamenti possiamo trarre dal periodo pandemico? E cosa ha cambiato il Covid-19 nell’organizzazione del Sistema sanitario nazionale? Sono queste le domande da cui è partito il Sanitalk di ottobre organizzato in seno al congresso Anmdo 2021 (l’Associazione nazionale dei medici delle direzioni ospedaliere), che quest’anno si è tenuto a Bologna.
In apertura Domenico Mantoan, direttore generale Agenas, ha tenuto una lectio magistralis in cui ha ripercorso la ratio del programma per la distribuzione delle risorse in arrivo dal Pnrr, ripercorrendo gli insegnamenti che questo periodo ci ha lasciato, nel bene e nel male. “Abbiamo visto che è bene che l’organizzazione della sanità resti in mano alle Regioni, che durante la pandemia hanno dimostrato la capacità di reagire e di saper modificare i programmi organizzativi in conseguenza dell’arrivo improvviso di questo uragano che è stata la pandemia – ha affermato l’esperto – Per contro, questo periodo ci ha anche mostrato l’importanza di uno Stato che abbia un forte ruolo di coordinamento a livello nazionale”.
Tra le criticità emerse, invece, quella dei flussi informativi, che hanno cozzato con la necessità di avere dati sanitari in tempo reale per la programmazione dei servizi e lo sviluppo di modelli previsionali e l’informazione, ovvero la capacità di rivolgersi all’opinione pubblica su temi complessi. “Il Ssn si è posto il problema di come comunicare meglio, mentre in passato questo è sempre stato uno degli aspetti meno considerati)”, ha ricordato Mantoan.
L’esperto ha poi ribadito che “il management sanitario negli ultimi dieci anni si è concentrato sulla gestione della spesa invece che sulla capacità di fornire nuove risposte organizzative ai bisogni crescenti. Con la pandemia si è tornato a parlare d’investimento in sanità”. Tra le anticipazioni che il numero uno di Agenas ha dato, c’è “la volontà di creare un albo nazionale dei direttori di distretto, figure a cui dovremo dare più valore, lavorando sia sulla loro formazione professionale, sia su quella manageriale”. Mantoan ha infatti ribadito che nel prossimo futuro “queste figure saranno fondamentali perché saranno quelle che governeranno il cambiamento”.
Importante il capitale umano
Per Antonio Ferro, Presidente nazionale Siti, le due sfide sul piatto sono quelle di disporre di dati solidi dal punto di vista informatico e avere modelli organizzativi più fluidi. “Le risorse del Pnrr saranno impiegate soprattutto per i muri, ma credo che siano prioritari formazione e personale, oltre alla comunicazione. Dobbiamo riuscire a parlare tutti la stessa lingua”.
Mattia Altini, Presidente Simm (Società italiana di leadership e management in Medicina) ha ricordato come siamo stati “veloci, reattivi e capaci di apprendere durante la pandemia. Questo è un qualcosa che dobbiamo riuscire ad applicare anche negli anni a venire, che spero saranno caratterizzati da un lato dalla tecnologia, con dispositivi indossabili per monitorare le cronicità e dall’altra dal capitale umano: prioritario investire sui giovani e rivedere le leggi del passato. Oggi infatti uno specialista, per poter accedere al concorso in struttura complessa, deve essere stato per sei anni dipendente del Ssn”. Altini ha poi ricordato come sia urgente “una riforma strutturale che parta dalla medicina generale a quella di prima linea”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Gianfranco Finzi, Presidente Anmdo: “Non ha senso che un medico italiano passi 11 anni a formarsi. I giovani colleghi che hanno lavorato durante la pandemia si sono comportati bene. È necessario un cambiamento strutturale della sanità, ma per farlo serve una riforma”. Per contro, Finzi ha evidenziato “la straordinaria capacità trasformativa dell’ospedale, che è stata possibile grazie anche alla collaborazione tra pubblico e privato”.
In rete per potenziare il territorio
E proprio il rapporto pubblico-privato è stato al centro dell’intervento di Barbara Cittadini, presidente nazionale Aiop (Associazione italiana ospedalità privata): “Ci riteniamo una componente fondamentale del Ssn – ha affermato – Durante la pandemia ci siamo messi completamente a disposizione e questo periodo ha dimostrato anche la capacità delle due componenti del Ssn di integrarsi nel momento del bisogno. Credo che questo sia un patrimonio prezioso e che vada preservato”. Il vero problema, per Cittadini, è doversi interfacciare con 21 realtà diverse: “Serve una maggiore organizzazione per la tutela del diritto costituzionale alla salute – ha auspicato – In questo è importante la volontà politica. Infine, credo che la comunicazione debba essere il driver principale in tutti questi cambiamenti che si stiamo immaginando”.
Per Arturo Cavaliere, Presidente Sifo (la Società italiana di Farmacia ospedaliera), “durante il Covid abbiamo imparato a integrare le professioni. Anche se il farmacista ha da sempre un ruolo trasversale, alcune esperienze, come quella condotta in Lazio in collaborazione con i centri hub vaccinali e i medici di medicina generale, hanno contribuito ad abbattere alcune barriere”. In questa regione i servizi farmaceutici hanno infatti offerto supporto alla campagna vaccinale, in particolare nella conservazione, stoccaggio, allestimento e distribuzione del vaccino.
Per Patrizia Magrini, direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, “abbiamo fatto passi da gigante in pochissimo tempo, a partire dalle banalità come lavarsi le mani per esempio. Ora è necessario riuscire a far crescere il territorio anche a livello di competenze: per ora anche gli esempi più riusciti si concentrano sulla cronicità, mentre l’esperienza ci ha insegnato che il territorio deve essere in grado anche di intercettare le patologie infettive emergenti”.
Etica e distretti
“La pandemia ci ha insegnato che siamo in grado di cambiare in tempi rapidi e in modo efficiente – ha affermato Paolo Petralia, vice presidente Fiaso e direttore generale dell’Asl 4 della Liguria – Bisogna pensare a una riforma sanitaria che parta da asset etici prima che gestionali e organizzativi. Non dobbiamo perdere di vista il respiro culturale della riforma e le aziende possono essere usate come laboratorio per raccogliere vissuti, esperienze, capacità e abitudini che possono essere messe a fattor comune”. E il management sanitario ha un ruolo centrale in questo: “Dobbiamo recuperare la dimensione dell’investire e del puntare al valore aggiunto e all’efficientamento del sistema – ha detto Petralia – Questo non significa soldi in più nella gestione corrente, ma capacità di spendere meglio i soldi che abbiamo. La nostra preoccupazione è di non avere regole adeguate per fare questo”.
E anche il direttore di distretto torna ad avere un ruolo centrale, in questo ripensamento del Ssn: “Abbiamo passato momenti bui in cui solo noi chiedevamo di investire sul territorio e i distretti – ha ricordato Gennaro Volpe, presidente Card – Il Covid ci ha mostrato che dove c’è stata integrazione stretta tra il distretto, l’ospedale e la prevenzione i risultati ci sono stati. Ora occorre ripartire dai silos abbattuti, lavorando in équipe. È il momento che il direttore di distretto si rimbocchi le maniche e prenda in carico il proprio distretto. Serve un distretto forte che sia uguale ovunque, dobbiamo omogeneizzare il territorio a livello nazionale. Non serve inventare nulla, basta integrare le strutture che già abbiamo, rendendole visibili ai cittadini”.