“Quanto ne sai sull’HPV?”. Inizia con questa semplice domanda la HPV Health Understanding Survey, condotta da GWI e commissionata da Roche per valutare i livelli di consapevolezza della popolazione generale sul Papillomavirus umano (HPV) e sul suo ruolo nello sviluppo del cancro alla cervice uterina.
Le evidenze generali emerse non sono confortanti: il sondaggio – che ha coinvolto 8.700 persone in 12 Paesi dell’Europa (Italia, Francia, Germania, Spagna e UK) e dell’America Latina (Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Messico e Perù) – rende conto di come la metà delle persone intervistate abbia una consapevolezza limitata o nulla del collegamento tra HPV e tumore al collo dell’utero.
Un dato che fa riflettere, considerando che l’HPV – la cui trasmissione avviene generalmente attraverso rapporti sessuali – è responsabile di oltre il 99% dei tumori alla cervice uterina.
Ogni anno nel mondo a circa 600.000 donne viene diagnosticato un cancro al collo dell’utero; di queste, circa 340.000 perdono la battaglia contro la malattia. Tutto questo quando il 93% dei tumori cervicali potrebbe essere prevenuto completamente attraverso uno screening appropriato e la vaccinazione contro l’HPV. Ma i concetti di consapevolezza del legame tra Papillomavirus umano e tumore della cervice uterina fanno ancora molta fatica a farsi strada.
In Italia solo il 28% delle 505 donne intervistate nell’ambito dell’indagine risulta avere una conoscenza approfondita dell’HPV, il 22% dichiara di non saperne nulla, e il 50% di averne solo una conoscenza limitata.
Lo screening, questo (quasi) sconosciuto
Per quanto riguarda la prevenzione, una donna su cinque, delle oltre 5.650 intervistate tra i 23 e i 55 anni di età, non si è mai sottoposta a screening per l’HPV.
Nel nostro Paese – dove sono attivi programmi di screening del cancro alla cervice e, in alcune regioni, viene già offerto gratuitamente il test HPV ogni 5 anni alle donne dai 30 ai 64 anni – la situazione è relativamente positiva: il 68% delle rispondenti dichiara di essersi già sottoposta ad uno screening cervicale (HPV/Pap test) o di averne in programma uno a breve (13%).
“Lo screening è il primo e più importante passo per prevenire e debellare il cancro alla cervice uterina. L’indagine svolta evidenzia quanto, anche nel nostro Paese, si possa ancora fare per supportare l’informazione e la prevenzione di questa patologia che, solo in Italia nel 2023 ha registrato 2.500 nuovi casi. Un numero molto alto, soprattutto se consideriamo che questa patologia è altamente prevenibile e curabile – commenta Roberto Scalamogna, responsabile della funzione Medica di Roche Diagnostics Italia – È importante continuare a promuovere l’informazione per favorire la consapevolezza dei fattori che aumentano il rischio di sviluppare il carcinoma alla cervice uterina, primo fra tutti l’infezione da Papillomavirus, nonché l’importanza dello screening per la prevenzione di questo tipo di tumore. Investire risorse e competenze in soluzioni diagnostiche innovative e di qualità, che siano in grado di rilevare precocemente le cause che portano allo sviluppo di questo tumore è essenziale: questo ci consente di individuare quelle donne che, ad elevato rischio di sviluppare una lesione cancerosa, necessitano di un programma di follow-up personalizzato. Infine, è fondamentale collaborare con i diversi interlocutori del sistema salute affinché ogni donna abbia accesso a strumenti di screening e prevenzione che possono fare la differenza. Questi i punti fondamentali su cui si basa l’impegno di Roche nella lotta al tumore alla cervice uterina”.
OMS: obiettivo eliminazione cancro cervice uterina
L’eliminazione del cancro alla cervice uterina a livello globale è uno degli obiettivi nell’agenda strategica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che nelle sue linee guida raccomanda il test del DNA per l’HPV come screening primario per tutte le donne.Tra gli obiettivi dell’OMS, la garanzia che entro il 2030 il 90% delle ragazze entro i 15 anni sia vaccinato contro l’HPV e che il 70% delle donne venga sottoposto a screening tramite test ad elevate prestazioni entro i 35 anni e di nuovo entro i 45 anni. Questo, insieme alla vaccinazione contro l’HPV, potrebbe prevenire oltre 62 milioni di decessi nei prossimi 100 anni.
Le barriere dello screening
L’indagine commissionata da Roche ha anche dimostrato che, mentre i tassi di adesione allo screening variano da un Paese all’altro, continuano ad esistere barriere che impediscono alle donne di sottoporsi al test. Oltre il 50% dei nuovi tumori alla cervice uterina si verifica in donne che non si sono mai sottoposte a screening o che non lo hanno fatto nei cinque anni precedenti alla comparsa della malattia.
Molti fattori possono contribuire alla mancata adesione ai programmi di screening per il tumore al collo dell’utero, come la difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria – anche in termini logistici – barriere sociali ed economiche, culturali e personali.
Fra le barriere più citate dagli intervistati dei 12 Paesi coinvolti nel sondaggio vi sono la preoccupazione che la procedura di test sia dolorosa (fino al 63% in alcuni Paesi), e il senso di disagio nel parlare della propria storia sessuale o della propria sessualità con un operatore sanitario (fino al 57% in alcuni Paesi).
Il self test
Le diverse barriere che limitano l’adesione allo screening per l’HPV potrebbero spiegare l’interesse per il self test rilevato dal sondaggio. Nei paesi europei, dove i test sono maggiormente accessibili, anche grazie a programmi di screening in essere, il 57% delle donne ha espresso interesse rispetto all’opportunità di poter disporre di test che consentano l’auto-prelievo del campione. Percentuale che sale al 77% nei paesi latinoamericani, dove si segnala una maggiore difficoltà di accesso allo screening, anche dovuta a scarsità di infrastrutture e servizi di prenotazione adeguati.
Lotta al cancro del collo dell’utero
Lo screening per l’HPV può aiutare a identificare le donne che sono a rischio di sviluppare il cancro al collo dell’utero, in modo che la malattia possa essere trattata precocemente prima che diventi più aggressiva ed abbia la possibilità di svilupparsi. Nei Paesi più poveri, alle donne viene spesso diagnosticato il cancro al collo dell’utero in uno stadio più avanzato, limitando così le possibilità di guarigione.
A settembre 2024 Roche si è unita al Global HPV Consortium, con l’obiettivo di collaborare, a livello globale, con altre organizzazioni impegnate nella prevenzione del cancro al collo dell’utero, e di trasferire il messaggio relativo all’importanza dello screening precoce e della diagnosi tempestiva utilizzando test HPV-DNA ad alte prestazioni.
Roche collabora già con i sistemi sanitari e i governi di oltre 55 Paesi per sostenere i loro programmi di screening del cancro al collo dell’utero con il suo test HPV. Grazie a queste collaborazioni, un numero maggiore di donne ha avuto accesso ai test molecolari HPV.
Il test HPV di Roche fa anche parte del Roche Global Access Program, che cerca di migliorare l’accesso a risorse economicamente vantaggiose, a implementare programmi di scale-up e a contribuire all’eliminazione delle malattie nelle regioni che ne hanno più bisogno.