(Reuters Health) – La Stanford University, nel cuore della Silicon Valley, in California, si conferma l’università innovativa per eccellenza. Per il terzo anno consecutivo è al primo posto nella top 100 mondiale stilata da Reuters, una classifica basata su dati e analisi provenienti da diversi indicatori, tra cui il numero di brevetti e le citazioni di lavori scientifici. La classifica è stata stilata in collaborazione con Clarivate Analytics e, per la cronaca, non annovera università italiane. Nelle prime dieci posizioni, il ranking resta pressoché invariato rispetto al 2016, con università grandi e ben consolidate tra Stati Uniti ed Europa Occidentale a farla da padrone. Al secondo e terzo posto ci sono, rispettivamente, il MIT e Harvard. Al quarto posto si è posizionata l’Università della Pennsylvania, in crescita rispetto all’ottava posizione dello scorso anno. Mentre al di fuori degli USA, l’università più quotata è la KU Leuven, in Belgio, al numero cinque della classifica.
Asia in calo, effetto Giappone
Guardando più a Est, invece, nelle top 20 ci sono solo due asiatiche, entrambe in Corea del Sud. E l’Asia è proprio il continente più penalizzato, con sole 20 università in classifica. Il motivo è riconducibile alla crisi, ormai ventennale, che sta affrontando il Giappone, in cui il settore R&S dipende fortemente dalla spesa pubblica e che dunque impiega sempre meno soldi in innovazione e ricerca. Secondo i dati pubblicati da Clarivate Analytics, che tiene traccia degli articoli pubblicati in riviste scientifiche, i lavori scientifici giapponesi rappresentavano l’8,4% di tutti quelli pubblicati nel 2005, ma solo il 5,2% di quelli pubblicati dieci anni più tardi, nel 2015. E le aree di ricerca come l’informatica hanno mostrato una riduzione ancora maggiore, con un numero di articoli pubblicati in calo di oltre il 37%. Così ,tre delle università giapponesi in classifica perdono posizioni e una è uscita dalle top 100, mentre l’unica a guadagnare posti è la Kyushu University.La Cina invece avanza, anche se molto piano considerando le sue potenzialità a livello economico e di popolazione. Il numero di università cinesi in classifica è arrivato a tre e due di quelle già presenti in classifica nel 2016 hanno fatto grandi passi in avanti, salendo alla posizione 51 e 60, rispettivamente dalle posizioni 65 e 70 dello scorso anno. Naturalmente, come sottolineato dalla stessa Reuters, la classifica è relativa all’intera università e misura l’innovazione a livello istituzionale, dunque potrebbe trascurare innovazioni particolarmente significative di singoli ricercatori. In ogni caso, è poco importante che un’università si trovi all’inizio o alla fine della classifica, in quanto tutte quelle presenti producono ricerche originali, creano tecnologie utili e stimolano l’economia globale.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana per Daily Health Industry)