Il programma prevede di cominciare a sperimentare la cura per il Covid con anticorpi monoclonali “prima della fine dell’anno su volontari adulti, a inizio anno nuovo su pazienti positivi al tampone e nel giro di due mesi vedere se funziona e cominciare a metterli a disposizione”. A dirlo e’ Rino Rappuoli, direttore scientifico di Gsk Vaccines e coordinatore del progetto di ricerca sugli anticorpi monoclonali contro il coronavirus presso Toscana Life Sciences durante una diretta Instagram del sindaco di Firenze Dario Nardella. “Le persone gia’ infette – ha aggiunto Rappuoli – inizieranno ad avere benefici immediati, ma per curare ci vorra’ qualche giorno. E le cure saranno piu’ efficaci quanto prima inizieranno dal momento dell’infezione”. Il progetto di ricerca per la cura del Covid, ha spiegato poi Rappuoli “ha destato molta attenzione a livello governativo, sia del ministero della Salute che dell’Economia” e abbiamo avviato “un grosso dialogo perche’ sviluppare queste cose richiede competenza, ma anche tanti finanziamenti di cui abbiamo bisogno e di cui stiamo discutendo”.
“In Italia abbiamo sempre investito meno degli altri Paesi in ricerca e sviluppo, ma l’esempio che abbiamo a Siena dimostra che farlo ha una serie di benefici: abbiamo in casa le competenze e in caso di emergenze come questa sappiamo farci le cose da soli, si riesce a tenere qui i giovani e a riportare quelli costretti ad andare all’estero, si creano posti di lavoro ad alto valore aggiunto e contenuto tecnico che sono il motore dell’economia moderna. Speriamo di imparare a investire molto piu’ di quanto fatto finora in ricerca e sviluppo”. Cosi’ Rino Rappuoli, direttore scientifico di Gsk Vaccines e coordinatore del progetto di ricerca sugli anticorpi monoclonali a Toscana Life Sciences durante una diretta social con il sindaco di Firenze Dario Nardella. “L’industria farmaceutica – ha aggiunto Rappuoli – e’ l’unico settore in Italia cresciuto tantissimo negli ultimi anni, esporta il 90% del prodotto ed e’ un grosso motore dell’economia italiana” ma per quanto riguarda la ricerca “purtroppo non e’ cosi’, l’Italia sforna tantissimi bravi ricercatori, ma molti sono costretti ad andare fuori” dal Paese per trovare lavoro