La grande corsa alla messa a punto dei vaccini anti-Covid ha permesso alla ricerca di poter disporre di tecnologie che, in tempi normali, avrebbero fatto la loro comparsa sul mercato solo tra un decennio. E ora queste tecnologie possono essere impiegate su vari fronti, dalla lotta all’antibiotico-resistenza ai tumori, passando per le infezioni croniche.
Ne è convinto Rino Rappuoli, che con il suo gruppo per la ricerca sui vaccini di GlaxoSmithKline a Siena, fa il punto della situazione sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas). “Contro il SarsCov2 non abbiamo usato niente che già non esistesse. La genomica, i vaccini a Rna, quelli realizzati in una settimana con la biologia sintetica, erano tutte tecnologie già presenti e studiate da tempo, solo che ad esempio quelli ad Rna erano stati impiegati in prove cliniche su qualche migliaio di pazienti, e non erano ancora pronte dal punto di vista industriale”, osserva lo scienziato.
Due fattori hanno aiutato, secondo Rappuoli, in questo cambiamento di paradigma. Uno è il fatto che nella ricerca sui vaccini “contro i coronavirus non si partiva da zero, ma si è fatto tesoro del lavoro iniziato dai ricercatori di tutto il mondo prima contro il virus della Sars nel 2002, e poi quello della Mers”. Il secondo motore è rappresentato dal grande investimento finanziario. “Per lo sviluppo di un vaccino ci vuole almeno 1 miliardo di euro di fondi per farlo arrivare sul mercato – precisa Rappuoli – e le industrie che fanno ricerca passano alle fasi successive di sviluppo solo dopo che quella precedente ha dato esito positivo”. Con la pandemia invece e’ stato diverso. “Il governo Usa ha dato un miliardo di dollari a testa a 6-7 aziende, senza aspettare la fine di ogni singola fase di sperimentazione, che sono state invece condotte in parallelo”.
E proprio l’aver completato tutte le fasi, anche se in parallelo, è una “garanzia sulla sicurezza di questi vaccini. Anzi, la quantità di test fatti per i vaccini anti-Covid è superiore a quella abituale degli altri vaccini”.
Una volta terminata l’emergenza Covid, molti progressi permessi da questa accelerazione rimarranno, secondo Rappuoli, e la ricerca e sviluppo dei vaccini sarà diversa: “Le tecnologie ormai ci sono, e sicuramente ci sarà un’accelerazione di come si sviluppano. Non si procederà più in modo sequenziale, ma credo che si potranno combinare le fasi I e II su larga scala in parallelo. Alcuni già lo stanno facendo per altri progetti”.
Vecchio e nuovo continueranno a coesistere, perché anche se “le tecnologie più dirompenti sono quelle dei vaccini a Rna e la biologia sintetica – conclude Rappuoli -, i vecchi vaccini coniugati rimangono più efficaci contro altri tipi di virus, come lo pneumococco”.