Dopo un 2017 insolitamente lento, le operazioni di fusione e acquisizione da parte delle grandi aziende farmaceutiche hanno ripreso a crescere, con 100 miliardi di dollari spesi nella prima metà di quest’anno. Probabilmente, dunque, il boom delle M&A continuerà per tutto il 2018. A evidenziarlo è una revisione di BioSpace, secondo la quale a dare impulso a queste operazioni sarebbero state le modifiche alle leggi fiscale negli USA. Le nuove leggi sulle tasse hanno portato infatti l’aliquota sotto al 20%, rendendo così più facile per Big Pharma far rientrare i capitali dall’estero, che possono essere impiegati per accordi tra aziende.
A guidare le operazioni di M&A sono state Celgene e Sanofi. La prima ha annunciato, a gennaio, l’acquisizione da sette miliardi di dollari di Impact Biomedicines, una startup che sta sviluppando un inibitore JAK contro la mielofibrosi. L’azienda biotech americana ha poi siglato un ulteriore accordo con l’acquisto da nove miliardi di dollari di Juno Therapeutics, che ha sviluppato una terapia antitumorale CAR-T.
Sempre a gennaio, Sanofi ha acquisito la spin-out di Biogen Bioverativ per 11,6 miliardi di dollari, prendendo due farmaci per l’emofilia e una serie di candidati all’interno della sua pipeline. Il mese scorso, inoltre, l’azienda francese ha acquisito Ablynx per 4,8 miliardi di dollari, con un prodotto in fase avanzata di sperimentazione per trattare una malattia rara del sangue nota come porpora trombotica trombocitopenica. Ma sono stati annunciati anche accordi più sostanziosi, come l’acquisto di GlaxoSmithKline di una parte della joint venture di Novartis per i farmaci da banco e automedicazione, da 13 miliardi di dollari, e l’acquisizione di Takeda da 62 miliardi di dollari di Shire. Insomma il settore sarebbe già sulla buona strada per superare le M&A dello scorso anno.