(Reuters Health) – Dopo venti anni caratterizzati da bilanci con il segno meno, l’approvazione della prima terapia CAR-T potrebbe dare nuova linfa alle vendite della biotech britannica Oxford BioMedica. L’azienda ha infatti messo a punto una tecnologia di trasporto dei geni basata su un virus – principio fondamentale della terapia antitumorale di cui Novartis è stata antesignana e con cui la biotech britannica collabora – che prevede la re-ingegnerizzazione delle cellule del paziente, affinché siano in grado di attaccare le cellule tumorali. In base all’accordo con Novartis, una volta commercializzata la terapia da parte della big pharma svizzera, Oxford BioMedica riceverà una percentuale, che gli analisti di Jefferies stimano in una forbice compresa tra i 65 e i 75 milioni di sterline l’anno. Le vendite di CTL019, o tisagenlecleucel, potrebbero partire a settembre. La spin off dell’Università di Oxford è corteggiata anche da altre aziende, soprattutto per i processi produttivi che usa, basati sull’utilizzo di nuovi bioreattori. Sistemi che riescono a contenere di circa dieci volte i costi di produzione. Anche la Borsa premia Oxford BioMedica; le azioni del gruppo sono aumentate del 112%,con un valore di mercato di poco inferiore a 350 milioni di dollari, di poco inferiore a quello della sua rivale statunitense Bleubird Bio, che utilizza la stessa tecnologia per il trasporto dei geni e che vale 4,4 miliardi di dollari.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana per Daily Health Industry)