(Reuters) – Novartis sarebbe pronta a chiedere alle autorità regolatorie l’ok all’uso di Ilaris (canakinumab) nel trattamento dei pazienti sopravvissuti a un attacco di cuore. Secondo una nuova analisi dei dati del trial clinico di fase III, infatti, l’anticorpo monoclonale ha infatti ridotto del 25% il rischio di un secondo evento cardiovascolare nei pazienti in cui i livelli di marcatori dell’infiammazione diminuivano in modo significativo a tre mesi dall’avvio della terapia. Una percentuale che supera quella riportata ad agosto, che attestava al 15% il rischio complessivo per tutti i pazienti nei sei anni di trial (10 mila pazienti). Una sperimentazione considerata rivoluzionaria, dal momento che dimostra l’importanza della lotta all’infiammazione, e non solo la riduzione dei livelli di colesterolo, come target terapeutico in chi ha già avuto un attacco cardiaco. Tuttavia, alcuni esperti non sono d’accordo con questa visione e ritengono che i vantaggi di canakinumab non siano sufficienti a giustificare l’estensione della sue indicazioni terapeutiche, che per ora è rivolta al trattamento di alcune patologie auto-infiammatorie, tra cui l’artrite reumatoide. L’estensione delle indicazioni di Ilaris aprirebbe un mercato enorme – quello del cardiovascolare – all’anticorpo monoclonale di Novartis. La terapia dell’azienda svizzera costa circa 200 mila dollari l’anno, un prezzo troppo alto per il mercato cardiovascolare. Ecco perché Novartis dovrebbe assicurarsi un buon numero di pazienti da trattare per tagliare il più possibile il prezzo del farmaco, oltre comunque a dover dimostrare dei benefici evidenti.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana per Daily Health Industry)