I risultati dell’analisi finale di sopravvivenza globale (OS) dello studio di Fase III MONALEESA-2 – che ha valutato ribociclib in combinazione con letrozolo rispetto a placebo più letrozolo nelle donne in postmenopausa con tumore della mammella avanzato o metastatico positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-) – hanno fatto registrare la più lunga sopravvivenza finora raggiunta nel carcinoma della mammella avanzato. Questi risultati sono stati presentati a ESMO 2021.
Ribociclib, in combinazione con letrozolo, ha soddisfatto l’endpoint secondario di sopravvivenza globale, dimostrando un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante nella sopravvivenza (mediano 63.9 vs.51.4 mesi; HR=0.76; 95% CI: 0.63-0.93; p=0.004).
L’analisi ha rilevato che ad un follow-up mediano di più di 6 anni, il più lungo tra gli studi ad oggi sugli inibitori CDK4/6, la differenza stimata nel miglioramento della sopravvivenza globale mediana era di oltre 1 anno. Lo studio MONALEESA-2 ha dimostrato che dopo 5 anni, le pazienti trattate con ribociclib in combinazione con letrozolo hanno avuto più del 50% di possibilità di sopravvivenza rispetto alle pazienti che assumevano solo letrozolo (52.3% vs 43.9%; 95%CI: 46.5-57.7 vs 38.3-49.4).
“Nel 2020, in Italia, sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di questa neoplasia – spiega Saverio Cinieri, Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi e Presidente eletto AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Più di 37.000 donne vivono con la diagnosi di malattia metastatica. I dati del MONALEESA-2, presentati al Congresso ESMO, riguardano la popolazione con carcinoma mammario più frequente nella pratica clinica quotidiana. Le donne in post menopausa rappresentano infatti circa il 70% di quelle con tumore al seno endocrino-sensibile e la metà di queste corrisponde al profilo delle pazienti incluse nello studio. Questi importanti dati di sopravvivenza globale sono incoraggianti e ci consentono di affermare che è stato raggiunto l’obiettivo di cronicizzare la malattia avanzata”.
“Attendevamo con ansia questi dati, che sono molti solidi e confermano l’efficacia della terapia a bersaglio molecolare con ribociclib – afferma Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. Vi erano già due studi con ribociclib condotti su popolazioni diverse: MONALEESA-7 e MONALEESA-3. Il ‘pezzo’ mancante era proprio il MONALEESA-2. Lo studio è maturo, con un follow up mediano di circa 80 mesi: questo significa che metà delle pazienti è stata seguita per almeno 7 anni. Siamo di fronte a una sperimentazione il cui risultato è stabile, definitivo. Ribociclib ha mostrato una riduzione del 24% del rischio di morte, coerente con quanto già visto negli altri due studi MONALEESA. Altro dato che conferma la validità del farmaco è la sopravvivenza globale mediana, pari a 63,9 mesi. È la più lunga mai registrata in tutti i tipi di tumore della mammella. Significa che metà delle pazienti vive più di 5 anni. I dati delle tre sperimentazioni su ribocliclib si rafforzano a vicenda e lo pongono come l’unico inibitore CDK4/6 ad aver dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in tutte le popolazioni studiate, quindi in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali”.
Nello studio MONALEESA-2, si è registrato un ritardo di 12 mesi nel tempo libero da chemioterapia con ribociclib e letrozolo (mediana 50.6 vs. 38.9 mesi; HR=0.74; 95% CI: 0.61-0.91) rispetto alle pazienti che assumevano solo letrozolo.
“Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale – sottolinea Pierfranco Conte, Direttore Divisione di Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto di Padova -. Ribociclib è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati, indipendentemente dalla condizione menopausale e dalla linea di terapia. Un altro ‘numero’ che misura la portata dello studio MONALEESA-2 è che, a 6 anni di follow up, quasi la metà delle donne, il 44%, è ancora vivo. Sono dati mai visti con nessun trattamento in questa popolazione di pazienti. L’Italia ha contribuito in maniera importante a tutto il programma degli studi MONALEESA. Gli inibitori di CDK4/6, inoltre, permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità. Grazie a questa terapia riusciamo a offrire alle pazienti non solo una sopravvivenza a lungo termine ma anche a migliorare la loro qualità di vita, con un ottimo controllo della malattia. La maggioranza delle donne infatti può continuare a condurre una vita normale”.
In questa analisi con un follow up più lungo, non sono stati osservati nuovi eventi avversi; il profilo di sicurezza era coerente con i risultati precedentemente riportati nello studio di Fase III.
Nello studio MONALEESA-2, l’endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione è stato raggiunto all’analisi iniziale [PFS mediana; 95% CI (19.3 mesi- non raggiunta) vs 14.7 mesi (13.0 vs 16.5 mesi); HR=0.556; p= 0.00000329].
Questi nuovi dati di sopravvivenza rappresentano il terzo statisticamente significativo e clinicamente rilevante beneficio in sopravvivenza raggiunto da ribociclib nel programma di studio Monaleesa. Novartis sottometterà i dati alle autorità regolatorie mondiali per aggiornare i dati.