Nella pubblicità le aziende farmaceutiche dovrebbero rischiare di più, “concentrandosi sulla ricerca di una verità corretta relativamente a un determinato prodotto, evidenziando e portando a conoscenza quel che c’è di diverso rispetto ai competitor”.
A parlare dell’adv applicato al mondo del pharma è John Harrison, managing partner dell’agenzia creativa Bartle Bogle Hegarty, che ,oltre a marchi come Audi, Tesco e Levi’s, ha come cliente farmaceutico AbbVie.
Harrison interverrà ai Lions Health, in programma la settimana prossima a Cannes.
Secondo l’esperto, il mondo del pharma dovrebbe andare oltre “le solite passeggiate in riva al mare o in bicicletta” che in un certo senso appiattiscono le pubblicità e rendono tutti i marchi invisibili.
“Il problema – dice Harrison – è che le aziende vogliono mostrare i benefici emotivi del trattamento: liberare dalla malattia e dai sintomi. Un vantaggio che è essenzialmente identico per ciascun farmaco, dunque pazienti liberi, felici e attivi”.
Sempre secondo Harrison e il suo team di BBH, un altro errore che le aziende farmaceutiche farebbero è pensare che i medici e gli altri operatori sanitari siano perfettamente razionali. E per fare un esempio cita i medici italiani, che fumano il doppio rispetto alla popolazione generale, un comportamento non razionale.
L’obiettivo del marketing per arrivare agli operatori sanitari dovrebbe invece essere quello di creare uno specifico sentiment sostenuto dalla logica.
Ed è qui che entrano in gioco la creatività e i processi strategici. E il punto di partenza è identificare cosa fanno i concorrenti.