Chattare con il pubblico non rientra nella comfort zone dell’industria farmaceutica. Negli Usa i produttori di farmaci sono esperti nella comunicazione a senso unico, conosciuta come pubblicità diretta al consumatore (non possibile in Europa n.d.r.) e alcuni di loro sanno gestire bene le relazioni con i media. Alcuni sanno come dialogare con le associazioni dei pazienti. Ovviamente le relazioni con i medici sono il pane quotidiano del settore farmaceutico.
Ma se una comune azienda farmaceutica viene posta al centro di una conversazione pubblica, ecco che si blocca. Preoccupati di dire la cosa sbagliata, sensibili alle critiche, coscienti di conseguenze non volute, i produttori di farmaci solitamente preferiscono rimanere nella loro nicchia e controllare dagli iPhone se hanno ricevuto messaggi. Si potrebbe dire che il settore soffra di ansia sociale.
Infatti, dei 50 più grandi produttori farmaceutici al mondo, solo la metà si cimenta con i social media. Soltanto dieci usano tutti e tre i più grandi e vecchi siti social, (Facebook, Twitter e YouTube) ad affermarlo è un nuovo studio del IMS Institute for Healthcare Informatics. Inoltre, all’interno di questo piccolo gruppo, sono davvero pochi quelli che realmente interagiscono con i pazienti e il pubblico. L’ IMS Institute si è prefissato di misurare questa interazione e ha valutato la portata delle aziende farmaceutiche sui social, la loro abilità di catturare l’attenzione degli utenti e gli sforzi compiuti per sviluppare rapporti con gli altri. Poi ha inserito questi numeri in una formula dando vita a un punteggio di coinvolgimento sui social. Le 10 aziende più coinvolte in questo senso sono elencate sotto.
La solita scusa usata dai produttori per rimanere timidi sui social è la regolamentazione, o la sua mancanza. Le linee guida FDA sul tema sono frammentarie e tardive; l’agenzia ha ripreso delle aziende per aver oltrepassato limiti di cui non erano a conoscenza. Ma Murray Aitken, direttore esecutivo di IMS Institute, sostiene che i regolatori non siano i soli responsabili della situazione. Dopo tutto, le dieci aziende più attive operano nello stesso contesto normativo delle altre. Come evidenzia Aikiten, le regole non saranno mai chiare, neanche quando la FDA finirà le sue linee guida sui social media, cosa che promette di fare entro luglio. I produttori dovranno essere disponibili a lavorare in zone grigie e, francamente, nel marketing lo fanno sempre.
Quindi, questa riluttanza torna ad essere legata alla paura dell’industria farmaceutica di socializzare con i pazienti e alla disponibilità, o addirittura motivazione, delle aziende di sconfiggere questa paura. “Ciò rispecchia l’esistenza di diversi livelli di riconoscimento dell’importanza dell’interazione diretta con i pazienti”, ha detto Aitken in un’intervista. “Alcuni credono che sia importante e che occupi un posto centrale nella loro mission, altri meno”.
La paura non è totalmente infondata; relazionarsi con i pazienti è rischioso. Le aziende non sanno cosa succederà dopo o se le risposte dei pazienti saranno positive o negative, ha continuato.
Inoltre, con così tanti pazienti che si rivolgono ai social per cercare suggerimenti sui trattamenti e, soprattutto, supporto emotivo, le aziende farmaceutiche devono essere davvero “presenti e coinvolte”, ha detto. Le aziende non devono lanciarsi d’improvviso. “Forse un buon modo per iniziare è farlo con un determinato brand o prodotto o area di patologia. Vediamo che le aziende sono molto coinvolte, molto concentrate in un’area …Si può iniziare da lì e imparare strada facendo”.
Nel frattempo, l’industria farmaceutica può anche godere di un’altra sorta di comunicazione unidirezionale: quella dal paziente all’azienda, piuttosto che il contrario. Molte case farmaceutiche che non si impegnano nelle conversazioni sui social stanno spendendo soldi e tempo ascoltando “di nascosto”, per capire cosa dicono i pazienti dei loro prodotti. Alcune stanno addirittura andando a caccia di conversazioni sugli effetti collaterali. Raccogliere informazioni tramite i social media – attraverso siti di pazienti come PatientsLikeMe o direttamente su Twitter – significa anche analizzarle, quindi le aziende dovranno affrontare il lato Big Data delle cose.
Top ten aziende attive sui social:
1 Johnson & Johnson
2 GlaxoSmithKiline
3 Novo Nordisk
4 Pfizer
5 Boehringer Ingelheim
6 Novartis
7 Bayer
8 Merck & Co.
9 AstraZeneca
10 UCB