Il traguardo di un vaccino per l’HIV appare ancora molto lontano, nonostante siano numerosi gli studi condotti in ogni parte del mondo. L’ultima doccia fredda un paio di settimane fa, quando Janssen ha annunciato l’interruzione dello studio Mosaico, che aveva suscitato molte speranze per il candidato Ad26.Mos4.HIV.
Speranze simili a quelle che accompagnarono, tra il 2003 e il 2006, lo studio RV144, condotto in collaborazione con il Comando di Ricerca e Sviluppo Medico dell’Esercito degli Stati Uniti (USAMRDC) e il Ministero della Salute thailandese.
Il trial testò un regime che prevedeva il vaccino vettore ricombinante ALVAC-HIV di Sanofi più due iniezioni di richiamo del vaccino ricombinante a subunità glicoproteica 120 AIDSVAX prodotto da VaxGen.
Nel 2016 il trial sudafricano Uhambo HVTN 702 studiò il vaccino ALVAC seguito da un altro richiamo, ma anche in quell’occasione la sperimentazione non ebbe successo.
Mentre i vaccini come quelli contro il Covid-19 sono progettati per prevenire forme gravi della malattia e la morte, gli studi sui candidati contro l’HIV si sono focalizzati, fino a oggi, sulla prevenzione dell’infezione. “Questo alza l’asticella perché significa che abbiamo bisogno di un vaccino che impedisca del tutto di contrarre l’infezione”, dice David Montefiori, direttore del Laboratorio per la ricerca e lo sviluppo del vaccino contro l’AIDS presso la Duke University di Durham, nella Carolina del Nord.
Ora la comunità della ricerca sull’HIV sta puntando su candidati che si trovano nelle prime fasi di sviluppo e che sono basati su nuovi approcci, come l’RNA messaggero (mRNA) o l’uso di vettori di citomegalovirus umano (HCMV). Inoltre, i progressi nello studio degli anticorpi ampiamente neutralizzanti (bNAbs) hanno consegnato alla ricerca nuovi candidati in fase di studio iniziale.
La marcia dei vaccini per l’HIV è destinata a durare ancora per qualche anno.
