Sembra arrestarsi la corsa di Darzalex (Daratumumab) di Johnson & Johnson verso nuove indicazioni terapeutiche. E il blocco arriva proprio dalla biotech danese Genmab che, con J&J, aveva dato il via ad una partnership per la messa a punto dell’innovativo anticorpo monoclonale approvato per la cura del mieloma multiplo. Il prodotto, inizialmente approvato come trattamento secondario in pazienti già trattati con terapie standard, era di fatto entrato a pieno titolo come prima linea di cura. Un fatto che ne aveva decretato il successo e l’escalation di vendita, con 572 milioni nel 2016. Ma le attese e le potenzialità di utilizzo del biologico erano molto più ampie. Secondo gli analisti erano stimate vendite possibili fino a raggiungere i 9 miliardi di dollari in base alle possibili indicazioni che il prodotto avrebbe ottenuto. J&J, infatti, aveva avviato dei nuovi studi per ottenere le indicazioni nel trattamento del linfoma di Hodgkin (NHL). Ed è proprio su questo fronte che è arrivato il no da parte della biotech danese, basato sulla volontà di non proseguire con gli studi clinici di fase 2. La ragione alla base di questa scelta sembra essere la scarsità di dati di efficacia che non avrebbero raggiunto gli end-point richiesti. Daratumumab è un biologico che ha come target il CD38, proteina di superficie con espressione elevata in diverse cellule di mieloma e provoca la morte delle cellule tramite apoptosi e meccanismi d’azione immuno-mediati. I ricercatori sostengono che sia il primo anticorpo ad aver dimostrato di essere efficace contro il mieloma senza essere combinato con altri farmaci. Proprio per queste caratteristiche Darzalex sembrava essere, nei piani e nelle strategie della big pharma americana, il prodotto che potenzialmente avrebbe potuto trattare patologie molto gravi ritenute oggi incurabili, e per le quali sono in corso altri studi per la cura della sindrome mielodisplastica e per altri tumori solidi.