Con un test in grado di rilevare, con elevata sensibilità, le mutazioni nel sangue dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, i ricercatori americani del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, dell’Anderson Cancer Center e del Dana-Faber Cancer Institute, insieme a Illumina e alla sua spin off sul liquido bioptico Grail, sarebbero riusciti a migliorare la biopsia liquida.
La nuova tecnica è stata descritta su Annals of Oncology. In alcuni casi, secondo i ricercatori, è utile quando le biopsie tissutali si rivelano inadeguate per l’analisi.
La metodica usa il “sequenziamento ultraprofondo di nuova generazione” di Illumina, che riesce a leggere una regione di DNA e consente di rilevare varianti a bassa frequenza.
Le informazioni del sequenziamento vengono quindi fornite a un algoritmo sviluppato da Grail per determinare le letture delle mutazioni.
I ricercatori hanno testato il metodo su 127 pazienti con carcinoma non a piccole cellule avanzato e metastatico.
Tra i 91 pazienti le cui mutazioni cancerogene erano state identificate dalle biopsie tissutali, la biopsia liquida ne ha rilevate 68, con una tasso di veri positivi del 75%.
Tra i 19 pazienti senza mutazioni, identificate tramite biopsia tissutale, invece, la biopsia liquida non ha rilevato alcuna irregolarità, ovvero non ci sono stati falsi positivi e il tasso di veri negativi è stato del 100%.
I ricercatori hanno poi provato la tecnica su altri 17 pazienti i cui tessuti prelevati non erano sufficienti per la genotipizzazione. Attraverso la biopsia liquida sono state identificate mutazioni KRAS in quattro pazienti. In un paziente, il risultato è stato poi confermato con biopsia tissutale.
Nel 2016 la FDA ha approvato il primo test noto come ‘biopsia liquida’ messo a punto da Roche per rilevare mutazioni EGFR nell’ambito del carcinoma polmonare non a piccole cellule.
Una svolta importante perché questo esame riesce a individuare i pazienti che potrebbero beneficiare di terapie mirate. Questi test si sarebbero, però, rilevati tutt’altro che perfetti.
E in effetti, come sottolineato anche da una revisione dell’American Society of Clinical Oncology e dal College of American Pathologists, è ancora presto per usare nella pratica clinica di routine questa tecnologia, che rileva frammenti di DNA da cellule tumorali.
Il motivo è costituito dal fatto che le cellule cancerose perdono quantità molto piccole del cosiddetto cell-free DNA (cfDNA).