Sulla spinta degli ospedali che vogliono evitare il sovraffollamento registrato durante la pandemia e del crescente interesse di chi vuole ridurre la spesa per l’assistenza sanitaria, l’assistenza domiciliare, in parte fornita anche tramite internet, è destinata a crescere dopo oltre un decennio in cui è stata solo un’offerta di nicchia.
Tuttavia, ci sono ancora delle sfide da superare, dal decidere quanto pagare per questi servizi a quali tipologie di pazienti possono trarre vantaggio da queste cure, in sicurezza.
A pazienti con determinate malattie, come polmonite o insufficienza cardiaca anche da COVID moderato, vengono offerte cure nelle loro case, con monitoraggio da remoto 24 ore su 24, sette giorni su sette, e visite giornaliere da parte di operatori sanitari.
Una realtà, ormai, almeno negli USA, dove due grandi organizzazioni, come il Kaiser Permanente e la Mayo Clinic, hanno annunciato piani per investire 100 milioni in Medically Home, una società con sede a Boston che fornisce questi servizi, allo scopo di ampliare l’offerta. Secondo le due strutture, infatti, la stima è che il 30% dei pazienti attualmente ammessi negli ospedali a livello nazionale abbia condizione idonee all’assistenza domiciliare. E diversi altri ospedali americani hanno lanciato programmi simili la scorsa estate e si uniscono a un’altra ventina che già offrono questi servizi.
Nel frattempo, per testare la possibilità di puntare sulle cure domiciliari, alcuni gruppi industriali, a marzo, hanno annunciato l’intenzione di fare pressioni per cambiare le regole e consentire un accesso più ampio a queste cure e offrire una vasta gamma di servizi medici. Secondo alcuni sostenitori di questo tipo di assistenza, infatti, diversi studi dimostrano che le cure a casa sono sicure come quelle ospedaliere e possono produrre risultati migliori, consentendo di risparmiare soldi. Alcune stime indicano un risparmio del 30% rispetto alle cure ospedaliere tradizionali.
Secondo un esperto di Moody’s Investors Service, Dean Ungar, “gli ospedali saranno sempre più riservati alle cure acute, come ad ambulatori e terapie intensive”. Per potenziare questo tipo di assistenza è importante mantenere l’attuale profilo di sicurezza e cercare personale medico, in particolare infermieri, paramedici e tecnici, che si rechino a casa dei pazienti.
Tuttavia, c’è chi teme che l’espansione delle cure domiciliari possa aggravare le disuguaglianze sanitarie. Come Gerars Anderson, della Johns Hopkins University, secondo il quale le famiglie povere potrebbero non avere infrastrutture per gestire le cure a casa. Le aree suburbane e rurali, infatti, potrebbero avere un accesso limitato a internet, con connessioni discontinue o inesistenti che possono mettere a rischio la capacità di comunicare con i medici e gli altri membri del personale sanitario di assistenza.
Anche i fattori sociali giocano un ruolo importante. Chi vive da solo potrebbe trovare più difficoltà se ha bisogno di aiuto, mentre chi vive in famiglie affollate potrebbe non avere abbastanza spazio o privacy. E non tutti i pazienti hanno un supporto umano, come qualcuno che li aiuti per andare al bagno, a prepararsi i pasti o che risponda alla porta.