A causa della pandemia di COVID-19, un genitore su due è stato costretto a rimandare o annullare l’appuntamento per la vaccinazione contro la meningite. A evidenziarlo è stata un’indagine condotta negli ultimi 12 mesi dalla società di analisi e ricerche di mercato Ipsos, per conto di GlaxoSmithKline (GSK).
I risultati dell’analisi sono stati presentati oggi in un webinar, cui hanno partecipato esperti che hanno ribadito l’importanza di questa vaccinazione, soprattutto se saranno allentate le restrizioni e bambini e adolescenti potranno riprendere i contatti sociali.
Per l’indagine, sono stati intervistati 4.962 genitori da USA, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Argentina, Brasile e Australia. Il 63% degli intervistati ha dichiarato che le cancellazioni della vaccinazione contro la meningite sono state dovute al blocco degli spostamenti; ma nonostante questo, il 77% ha sottolineato di voler riprogrammarla.
Oltre ai lockdown nazionali, è la paura che i figli possano contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 che ha trattenuto il 59% dei genitori dal portarli a vaccinarsi, con l’11% degli intervistati che ha dichiarato che non riprogrammerà l’appuntamento, proprio per evitare che il figlio possa contrarre l’infezione da coronavirus.
Per quel che riguarda, nello specifico, l’Italia, meno genitori, rispetto al campione complessivo, hanno dichiarato di aver rimandato o annullato la vaccinazione per la meningite nel corso dell’ultimo anno, il 54% contro il 63%; mentre il 22% dei genitori italiani, al posto del 33% del campione totale, ha parlato della preoccupazione di contrarre il virus in luoghi pubblici come motivo per ritardare o cancellare la vaccinazione.
In ogni caso, nell’ambito dell’indagine internazionale, è emerso che la gran parte dei genitori è pronta a far riprendere le attività che prevedono rapporti diretti tra i loro figli con familiari e amici, il 76%, o la scuola in presenza, il 63%, nel caso si iniziassero ad allentare le restrizioni. E proprio in previsione della ripresa dei contatti sociali, gli esperti sono preoccupati per i ritardi nelle vaccinazioni per la meningite.
“Il lato buono della pandemia di COVID-19 è stato che le persone hanno rivolto la loro attenzione alle malattie infettive e hanno capito che la vaccinazione è un metodo efficace nel prevenirle”, ha dichiarato Michael Horn, pediatra ed esperto di vaccini in Germania, secondo il quale è importante ora “riempire il gap tra la conoscenza e il fatto di portare i figli a vaccinarsi, facendo prima di tutto sentire i genitori sicuri di poter andare dal medico”.
E pur non essendo così comune, con un numero di casi che vanno da 0,1 a 2,4 ogni 100mila abitanti, la malattia da meningococco condivide con influenza e COVID-19 i sintomi iniziali, quali febbre alta e mal di gola, salvo avere poi un decorso con sintomi caratteristici, che può essere anche fatale in meno di 24 ore.
Una rapidità di evoluzione che rende essenziale la vaccinazione, come sottolineato da Rino Rappuoli, direttore scientifico e responsabile delle attività di Ricerca & Sviluppo esterna di GSK Vaccines, che ha spiegato l’importanza di “avere un’immunità contro il meningococco sempre alta, perché potrebbe non esserci tempo di riprendersi dall’infezione. Per questo le persone devono avere anticorpi protettivi indotti dalla vaccinazione tutto il tempo”.