Una vita ad ostacoli, anche dopo la guarigione. Il linfoma, infatti, porta più di 1 paziente italiano su 4 a smettere di lavorare e provoca un significativo peggioramento del proprio stile di vita in più di 1 caso su 3. Disturbi che continuano a insidiare i pazienti anche dopo la guarigione, come segnalato in più di 1 caso su 2. È il quadro che emerge dall’indagine “Oltre il linfoma”, realizzata e diffusa dall’Associazione nazionale Linfovita onlus in occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sul Linfoma, che si celebra giovedì 15 settembre in tutto il mondo per informare la popolazione sui linfomi, che, solo in Italia, colpiscono 15.400 persone ogni anno e con cui oggi convivono oltre 150 mila italiani. In contemporanea con la Giornata mondiale, in Italia parte anche la campagna “Non bruciare il tempo, mettilo a fuoco – Uno scatto contro il linfoma”: promossa dall’Istituto Italiano di Fotografia e da Roche, coinvolge i Centri ematologici italiani in un contest per trasformare il valore del tempo di chi vive da vicino l’esperienza di un tumore del sangue (pazienti, famigliari, amici, medici e personale sanitario) in immagini d’autore e foto amatoriali. Scatti che poi nel 2017 abbelliranno le sale dei Centri ematologici partecipanti, con l’obiettivo di rendere l’ambiente quanto più possibile confortevole.
I temi dell’indagine
“Ansia, sbalzi d’umore, stanchezza, perdita del lavoro e mancanza di un sostegno psicologico: abbiamo indagato -commenta Davide Petruzzelli, Presidente Associazione Linfovita onlus – i principali ostacoli e i bisogni degli italiani che vivono un linfoma, chiedendolo a chi ha vissuto e superato la malattia. Quello che emerge, però, è che un’esperienza di linfoma non si supera mai del tutto, anche dopo la guarigione. È un dato preoccupante, se si considera che nei linfomi, grazie ai progressi terapeutici, la percentuale di lungo sopravviventi può essere superiore al 60% e solo una qualità di vita accettabile è la vera e definitiva liberazione dalla malattia”. I volontari di Linfovita sono impegnati a dare informazioni ai cittadini milanesi insieme con l’Assessorato al Welfare della Regione Lombardia. “È a partire da patologie come queste che Regione Lombardia ha costruito la riforma del sistema sociosanitario lombardo al fine di accompagnare il paziente cronico lungo tutto il suo percorso di vita. Per questo non potevamo mancare a un importante momento a sostegno della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sul Linfoma”, dichiara Giulio Gallera, Assessore al Welfare della Regione Lombardia. “Il nostro obiettivo sarà il rafforzamento e la costruzione su tutto il territorio lombardo di reti integrate e multidisciplinari, che realizzano percorsi di continuità di cure fondati sulla centralità del paziente e attiveremo il nostro personale socio sanitario perché sia vicino e accompagni il malato cronico. Per affrontare al meglio la complessità dei bisogni assistenziali che tale patologia pone, Regione Lombardia si avvale anche del supporto delle Associazioni di volontariato, valorizzando così tutti gli attori del sistema nella progettazione e costruzione di percorsi condivisi. Molto importante il ruolo delle Associazioni di volontariato sui tavoli di lavoro regionali che di fatto contribuiscono al conseguimento dei fini istituzionali”.
Lo stato dell’arte delle terapie
“Negli ultimi 20 anni grazie al progresso terapeutico – commenta la professoressa Enrica Morra, Coordinatore Scientifico della Rete Ematologica Lombarda – ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda e Presidente Associazione Malattie del Sangue (AMS Onlus) – sono stati fatti enormi passi avanti nella gestione dei linfomi: ciò ha aumentato notevolmente le possibilità di guarigione, oltre a ridurre drasticamente gli effetti collaterali dei trattamenti. È però importante non perdere tempo e garantire a tutte le persone, in ogni parte d’Italia, la possibilità di accedere con tempestività e in completa sicurezza alle moderne modalità di cura per le malattie del sangue, qualunque sia il grado di complessità terapeutica richiesto dalla patologia. In particolare, le terapie innovative includono farmaci, modalità di somministrazione e procedure di cura ad alta complessità. Per questo è fondamentale lo sviluppo delle Reti Ematologiche in tutto il Paese, seguendo l’esempio di quella lombarda che, attraverso il coinvolgimento coordinato degli specialisti, garantisce livelli di alta specializzazione in campo diagnostico e terapeutico omogeneamente su tutto il territorio”.
L’impegno di Roche
“Oggi la ricerca e il progresso scientifico vanno nella direzione di dare alle persone che convivono con un linfoma non-Hodgkin più tempo di vita. Fino agli anni novanta, il tasso di guarigione per la forma aggressiva era al di sotto del 50%, mentre oggi 2 pazienti su 3 possono considerarsi guariti; stessa cosa possiamo dirla per il linfoma follicolare, dove siamo arrivati ad una sopravvivenza media di oltre 10 anni”, afferma Caterina Golotta, Country OncoHematology Medical Affairs Leader di Roche Italia. “Come azienda fortemente impegnata nelle neoplasie ematologiche siamo però consapevoli che al tempo di vita occorre aggiungere anche la ‘qualità di vita’. Per questo motivo, insieme all’impegno di ricercare farmaci ancora più efficaci e con ridotti effetti collaterali o nuove vie di somministrazione meno invasive e quindi meno impattanti sulla qualità di vita dei pazienti, promuoviamo campagne come ‘Non bruciare il tempo, mettilo a fuoco – Uno scatto contro il linfoma’, che attraverso il coinvolgimento dei Centri ematologici italiani vuole cercare di rendere più confortevole le sale d’aspetto”.