Sono 700 mila le persone che ogni anno in Italia contraggono un’infezione in ospedale e la sepsi è una di queste. Insieme all’antibiotico-resistenza, le infezioni ospedaliere rappresentano sempre più una crisi sanitaria che richiede una gestione preventiva e adeguata. Si tratta di un problema che, se non governato, potrebbe arrivare a pesare fino a 1 miliardo di euro sulla Sanità italiana, quando, per Assobiomedica, potrebbero essere applicate buone pratiche cliniche per ridurre il fenomeno, che porterebbero a risparmi di almeno 500 milioni di euro l’anno. “Infatti – fanno notare da Assobiomedica in una nota – per contrastare la diffusione di un problema che sta assumendo proporzioni gravissime, sarebbe auspicabile un coordinamento nazionale che promuova l’attuazione di modelli di gestione e buone pratiche cliniche, come la messa a punto di adeguati meccanismi di controllo e di processo da parte degli operatori sanitari e l’utilizzo di tecnologie mediche mirate ad arginare questo fenomeno”. Questo il monito lanciato da Assobiomedica in occasione della Giornata mondiale della sepsi.
“La giornata mondiale della sepsi – ha dichiarato Luigi Boggio, Presidente di Assobiomedica – pone l’accento su una questione allarmante, che ha un impatto potenzialmente devastante sul paziente e molto oneroso per le casse sanitarie. Per evitare una gestione tardiva delle infezioni è sempre più urgente avviare in maniera omogenea politiche sulla prevenzione dei rischi; formazione del personale sulle pratiche di controllo delle infezioni; utilizzo di metodiche e dispositivi appropriati per la pulizia, l’igiene e la disinfezione, ma anche l’introduzione di screening preventivi pre-chirurgici a tutela della salute del paziente. Solo questo potrebbe incidere veramente nella riduzione di tutte le infezioni ospedaliere in generale e della sepsi in particolare”. “L’allarme lanciato ieri da Amcli sulla resistenza alla terapia antibiotica – ha aggiunto Massimiliano Boggetti, Presidente di Assodiagnostici di Assobiomedica – è un’amara realtà, che potrebbe essere evitata o drasticamente ridotta se fosse maggiormente diffuso l’utilizzo delle più recenti tecniche della diagnostica in vitro, che consentono risposte rapide ed affidabili, sulla base delle quali si può tarare la terapia più appropriata per salvare vite e risparmiare ingenti risorse economiche. Queste innovazioni sono oggi disponibili grazie agli sforzi che l’industria della diagnostica continua a fare investendo in ricerca e sviluppo, nonostante i numerosi tagli al settore prodotti dalle spending review di questi ultimi anni. Sarebbe auspicabile che per questa grave patologia, che presenta tassi mortalità elevati, vi fosse da parte del Servizio sanitario nazionale uno stanziamento ad hoc, come accade per altre emergenze sanitarie”.