La Food and Drug Administration ha dato il via libera alla prima immunoterapia indicata per un tumore solido. Si tratta di Amtagvi (lifileucel), sviluppata da Iovance Biotherapeutics e potrà essere impiegata nel melanoma avanzato con mutazione BRAF V600, dopo un precedente trattamento con un inibitore di PD-1 e un inibitore di BRAF.
Il costo per il trattamento una tantum dovrebbe aggirarsi intorno ai 515 mila dollari per paziente.
Come le terapie cellulari CAR-T già esistenti, Amtagvi viene prodotta utilizzando cellule immunitarie dei singoli pazienti. Per ottenere la terapia finale, le cellule TIL del paziente vengono raccolte da un frammento di tumore resecato e quindi espanse all’esterno del corpo prima di essere infuse nuovamente nell’organismo.
Il sistema immunitario crea naturalmente cellule TIL in grado di riconoscere i marcatori distintivi sulla superficie delle cellule tumorali e di sferrare un attacco contro di loro. Amtagvi, in pratica, agisce rifornendo l’organismo di queste cellule immunitarie che combattono il cancro
A oggi, le terapie basate su cellule T (le CAR-T) hanno trovato indicazione in alcune patologie oncoematologiche, perché i tumori solidi non hanno biomarcatori di superficie vulnerabili da questo tipo di cellule ingegnerizzate. Una terapia come Amatgvi risolve questo problema perché le cellule TIL, sulle quali è basata, sono naturalmente “cablate” a identificare i biomarcatori del cancro.
In uno studio a braccio singolo, Amtagvi, al dosaggio ora approvato, ha ridotto i tumori nel 31,5% dei 73 pazienti che avevano precedentemente ricevuto una terapia anti-PD-1. Dopo 18,6 mesi di follow-up, il 43,5% dei pazienti che avevano risposto alla cura era in remissione da più di un anno.
In un’analisi di supporto sull’efficacia che ha incluso 153 pazienti, il tasso di risposta obiettiva è stato simile (31,4%). Inoltre, il 56,3% dei pazienti ha mantenuto risposte durature dopo un anno. Sebbene non sia stato inserito nella letteratura a supporto delle indicazioni d’uso attuali, un recente aggiornamento dell’analisi in pool ha mostrato che i pazienti hanno avuto una vita media di 13,9 mesi e quasi la metà dei pazienti era ancora viva dopo quattro anni.
Nonostante la sua natura innovativa, Amtagvi non è però una terapia perfetta. In primo luogo, infatti, essendo Amtagvi prodotta con cellule TIL provenienti dal tumore del paziente, i malati con neoplasie non resecabili non possono beneficiare della terapia.
In secondo luogo, questa terapia ha un rischio di morte ad esso correlato a causa della comparsa di citopenia grave e prolungata, di infezioni gravi e di insufficienza cardiopolmonare e renale.
Per questo motivo Amtagvi sarà utilizzata solo in centri di trattamento dedicati e in regime di ricovero ospedaliero. L’etichetta del farmaco, approvata dalla FDA, richiede che i pazienti siano monitorati per gli effetti collaterali in una struttura di terapia intensiva e che siano disponibili sul posto team di specialisti.