“Per le aziende innovative nel settore sanitario e delle scienze della vita, il fatto che la competitività europea sia in prima linea nell’agenda di Bruxelles e non solo potrebbe contribuire a invertire la perdita di scienza e investimenti all’avanguardia verso altre parti del mondo. Le conclusioni del Consiglio COMPET, adottate ieri, hanno sottolineato che una politica industriale a prova di futuro per l’Europa, compreso un solido quadro normativo sulla proprietà intellettuale, dovrebbe essere parte integrante dell’agenda della Commissione nel prossimo mandato. Potrebbe fungere da catalizzatore per prevenire un ulteriore declino, invertire queste tendenze e costruire un’Europa più sana, più competitiva, resiliente e strategicamente autonoma. Invierebbe un segnale positivo sul fatto che la Regione vuole tenere il passo con i progressi medici che si stanno verificando negli Stati Uniti e in Cina. Eppure, nonostante questa attenzione positiva e una serie di prove che dimostrano che gli investimenti nella ricerca e sviluppo europei, nelle sperimentazioni cliniche e nella produzione avanzata stanno andando tutti nella direzione sbagliata, abbiamo ancora numerose proposte legislative destinate a ridurre la competitività del settore che contribuisce maggiormente al surplus commerciale dell’UE rispetto a qualsiasi altro”. A dirlo è Nathalie Moll, direttore generale della European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA), sul blog della Federazione.
L’RDP è l’ultima linea di protezione della proprietà intellettuale, che interessa circa un terzo di tutti i farmaci – quelli con uno sviluppo lungo e complesso – ma è un anche fattore importante per le aziende quando pianificano dove svolgere ricerca e sviluppo per tutti i farmaci. I nuovi dati provenienti da Copenhagen Economics esplorano, in modo approfondito, il ruolo del RDP, dimostrando che ridurne la durata in Europa aggraverà la posizione competitiva dell’UE rispetto agli Stati Uniti, ma anche che la logica alla base di tale azione è gravemente viziata. Una critica mossa al RDP è che, secondo una ricerca della Commissione europea, ogni anno in più costerebbe all’UE 1,23 miliardi all’anno, distribuiti in 27 Stati membri. Tuttavia, nel contesto, nei 27 Stati membri, questa cifra rappresenta solo lo 0,07% della spesa sanitaria complessiva dell’UE e rappresenta lo 0,51% della spesa farmaceutica annuale. Consideriamo il peso delle malattie che questi farmaci cercano di alleviare; la cifra rappresenta lo 0,44% del costo annuale delle malattie cardiovascolari nell’UE e lo 0,74% del costo del cancro nell’UE. I nuovi dati riaffermano – utilizzando metodologie diverse e molteplici – le precedenti rilevazioni per cui, secondo le proposte della Commissione Europea, l’UE rischierebbe di perdere circa due miliardi di euro in investimenti globali in ricerca e sviluppo nei 27 Stati membri ogni anno”.
“I principali centri delle scienze della vita, come Germania, Francia e Belgio, vedrebbero lievitare i costi e sarebbero destinati a perdere di più in termini di investimenti. Questa perdita è del tutto contraria alle richieste dei capi di Stato e di governo, che vogliono vedere l’Europa acquisire il suo vantaggio competitivo, ed è controintuitiva dal punto di vista economico. È importante sottolineare che la ricerca evidenzia il legame positivo tra il RDP e una migliore disponibilità di farmaci e innovazione. Uno studio condotto su 53 paesi – con e senza RDP – mostra che i pazienti nei paesi con RDP hanno una disponibilità di farmaci innovativi tre volte maggiore rispetto a quelli senza, e quasi la metà della differenza di disponibilità (45%) può essere attribuita al RDP. Un singolo studio mostra come in Giappone – con un ecosistema avanzato di scienze della vita, paragonabile a quello europeo – è stato implementato un RDP di riferimento di sei anni, aumentato a otto anni nel 2007. Negli anni successivi il numero di sperimentazioni cliniche nel paese è più che raddoppiato. L’aumento delle sperimentazioni cliniche crea un ecosistema più attraente per la ricerca, attrae fondi, talenti e competenze e apporta entrate aggiuntive agli ospedali. Invitiamo i responsabili politici dell’UE a considerare queste cifre e a considerarne l’impatto prima di prendere decisioni che avranno un effetto negativo sul futuro del nostro settore e sui pazienti. L’industria farmaceutica in Europa ha già registrato un calo del 25% della quota degli investimenti globali in ricerca e sviluppo negli ultimi vent’anni, il numero degli studi clinici è in calo. Oggi la Cina effettua tre volte più sperimentazioni per terapie avanzate rispetto all’Europa. Precedenti ricerche dell’EFPIA hanno già dimostrato che tagliare il RDP di due anni in Europa potrebbe staccare la spina alla ricerca clinica, dato che ben 50 dei 225 nuovi farmaci che avrebbero potuto essere oggetto di ricerca in Europa non sarebbero più praticabili. Dobbiamo fermare e invertire queste tendenze. Attraverso la revisione della legislazione farmaceutica dell’UE, possiamo garantire che questo settore strategicamente importante non venga ulteriormente indebolito. La pipeline globale di nuovi farmaci è entusiasmante; trattamenti personalizzati, terapie cellulari e geniche, immunoterapie contro il cancro, medicine rigenerative e vaccini a mRNA. Se l’Europa vuole veramente svolgere un ruolo guida nella ricerca e nello sviluppo di questi nuovi trattamenti e tecnologie – e garantire che gli europei possano trarne rapidamente benefici – è tempo di unire i punti. Dobbiamo esaminare tutte le prove disponibili e sviluppare strategie coerenti per l’Europa, sia nel contesto di un nuovo accordo industriale dell’UE che nella revisione della legislazione UE esistente”.