Il 39% in meno di ricoveri per insufficienza cardiaca e il 51% in meno di decessi tra i diabetici grazie agli inibitori di SGLT2. A dimostrarlo è un ampio studio condotto su dati real-world presentato in occasione dell’American College of Cardiology (ACC). Per la ricerca, sono stati presi in considerazione più di 300 mila pazienti in sei diversi Paesi, tutti trattati con farmaci della classe degli inibitori di SGLT2, che comprendono Farxiga, di AstraZeneca, Invokana, di Janssen, e Jardiance, di Eli Lilly e Boehringer Ingelheim. I risultati dello studio concordano con quelli già ottenuti in una delle sperimentazioni di riferimento di Jardiance, Empa-Reg Outocome, che aveva mostrato come questo tipo di farmaci riducesse del 35% il rischio di ospedalizzazioni a causa di insufficienza cardiaca. Il risultato di questo studio potrebbe avere un ‘impatto significativo” sulle scelte terapeutiche di diabetologi e cardiologi, almeno secondo il presidente del mercato americano di AstraZeneca, Ruud Dobber. Anche perché lo studio ha incluso pazienti a diversi livelli di rischio di insufficienza cardiaca e dunque questi antidiabetici funzionerebbero in una vasta popolazione di pazienti, come ha sottolineato Jim McDermott, vice president Medical Affairs Diabete di AstraZeneca.La scorsa settimana Boehringer Ingelheim e Lilly hanno annunciato l’imminente avvio di uno studio per testare Jardiance nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 con insufficienza cardiaca cronica e nei pazienti con insufficienza non diabetici. Mentre anche Merck e Pfizer starebbero lavorando per portare sul mercato americano un loro inibitore di SGLT2, ertugliflozin, per il quale hanno da poco depositato la richiesta di brevetto alle autorità regolatorie statunitensi ed europee, oltre a due combinazioni che lo comprendono.