Farmaco o vaccino? Quale sarà l’arma più efficace per combattere il COVID-19?
La messa a punto di un vaccino è probabilmente un’ipotesi meno realistica di quanto suggeriscano le tempistiche finora ipotizzate. È “eccessivamente ottimista” aspettarsela tra 12-18 mesi, dice l’analista di SVB Leerink, Geoffrey Porges, che ha interpellato due opinion leader, i quali invece si dice “relativamente ottimisti” sul fatto che remdesivir di Gilead “possa essere efficace e rapidamente adattato alle necessità dei pazienti gravi”.
Gilead ha iniziato studi di fase 3 su remdesivir somministrato a pazienti COVID-19. Secondo alcuni esperti dell’OMS il farmaco, originariamente sviluppato contro il virus Ebola, sarebbe il trattamento più promettente. Tuttavia, remdesivir escluso, gli stessi esperti non credono che i farmaci impiegati contro l’HIV possano costituire “terapie praticabili”.
Un filone della ricerca sta orientando i suoi sforzi sugli ACE-inibitori e sui bloccanti del recettore dell’angiotensina. E, sempre secondo quanto riferisce Porges, una terapia con anticorpi monoclonali potrebbe mostrare effetti poistivi prima della messa a punto di un vaccino.
Oltre a Gilead, sono al lavoro molte big pharma. Sanofi e Regeneron hanno annunciato il via al trial con Kevzara, farmaco contro l’artrite.
La National Health Commission cinese, all’inizio di marzo, ha raccomandato Actemra di Roche per i pazienti con gravi danni ai polmoni.
Eli Lilly ha appena concluso un accordo con AbCellera per entrare nella fase clinica entro quattro mesi con una serie di candidato anticorpi monoclonali.