Sono quasi 37mila le apparecchiature di diagnostica per immagini presenti in Italia non più in linea con l’attuale livello di innovazione. Tra quelle più vecchie di 10 anni il 92% dei mammografi convenzionali, il 96% delle Tac (meno di 16 slice), il 91% dei sistemi radiografici fissi convenzionali, l’80,8% delle unità mobili radiografiche convenzionali, il 30,5% delle risonanze magnetiche chiuse (1-1,5 tesla).
La fotografia dello stato di vetustà del parco tecnologie di diagnostica per immagini in uso presso le strutture sanitarie italiane pubbliche e private – aggiornata al 2021 – arriva dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici in collaborazione con SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica) e AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici). Lo studio è stato presentato a Roma lunedì 20 febbraio.
Per ogni tipologia tecnologica sono stati specificati: l’età del parco installato, la classificazione per fasce d’età, oltre ad approfondimenti di raffronto tra lo stato dell’arte della tecnologia esistente e le caratteristiche del parco installato.
“Nel corso degli anni il parco installato – osserva Aniello Aliberti, Presidente Elettromedicali & Servizi Integrati di Confindustria Dispositivi Medici – ha certamente risentito di una serie di fattori come la limitatezza degli investimenti e dei finanziamenti dedicati alla sanità; l’assenza di attenzione all’innovazione nelle politiche pubbliche di acquisto; il permanere di livelli e logiche di rimborso delle prestazioni non incentivanti l’ammodernamento tecnologico. Questi fattori hanno contribuito al permanere di un quadro di significativa vetustà delle apparecchiature di diagnostica per immagini. Ci auguriamo che questo studio sia utile per arrivare a definire programmazioni sostenibili e aperte all’innovazione. Inoltre, può essere un utile riferimento per individuare le tecnologie su cui è prioritario intervenire con gli investimenti previsti dal PNRR e per valutarne poi gli effetti.
“Il PNRR – sottolinea Antonio Orlacchio della SIRM, società italiana di radiologia medica – ha previsto l’ammodernamento del parco tecnologico con la sostituzione di 3.133 apparecchiature installate da oltre cinque anni. Le risorse del PNRR non appaiono, però, completamente sufficienti a sopperire alle criticità emerse dallo studio di Confindustria Dispositivi Medici e si prevede serviranno altre risorse per mettere il sistema sanitario e i radiologi in condizione di operare al meglio. Tuttavia investire nelle sole apparecchiature non è sufficiente. C’è bisogno di un adeguato reclutamento e valorizzazione economica dei radiologi, del personale tecnico e infermieristico per assicurare il più efficace e completo funzionamento delle apparecchiature, per cui è necessario prevedere investimenti anche in tale ambito altrimenti si corre il rischio di sottoutilizzare le apparecchiature di Imaging. Lo studio OPI potrà offrire spunti utili per individuare soluzioni che consentano di razionalizzare le risorse e prevedere il costante aggiornamento del parco tecnologico. Inoltre, una puntuale e continua sorveglianza dello stato di reale funzionalità delle apparecchiature, affiancato da un programma di aggiornamento e di sostituzione periodica delle attrezzature inidonee, possono garantire la sostenibilità e la migliore funzionalità del sistema sanitario. SIRM– conclude Orlacchio – sta producendo uno sforzo epocale su questo fronte mettendo a disposizione le proprie competenze e articolazioni organizzative più periferiche per giungere ad un traguardo condiviso con le Istituzioni e i Partner industriali”.
“La disponibilità di dati completi sulle grandi apparecchiature diagnostiche – conclude Giovanni Guizzetti di AIIC, Associazione italiana degli ingegneri clinici – ci permetterà, alla fine del 2024, di valutare l’impatto della Mission 6 c. 2 del PNRR, che prevede la sostituzione di 2.200 grandi apparecchiature (più 900 ecografi). Rimangono aperte due questioni fondamentali: l’obsolescenza di un’apparecchiatura comporta automaticamente la necessità di una sua sostituzione? E quando un’apparecchiatura può essere definita obsoleta? È evidente, infatti, che un piano di sostituzione basato solo sull’età anagrafica dell’apparecchiatura, senza prevedere quale uso se ne faccia, in termini di quali e quante prestazioni, sia a forte rischio di inappropriatezza. L’obiettivo che ci dobbiamo porre, quindi, è di arrivare ad una condivisione, tra aziende produttrici/distributrici, utilizzatori ed esperti di tecnologia, di criteri che individuino quale complessità tecnologica sia davvero necessaria per produrre una determinata prestazione e quante prestazioni rendano appropriata la disponibilità di una grande apparecchiatura”.