“Il cancro non ha confini, neanche noi”. È questo il motto di BeiGene, giovanissima azienda Biotech nata nel 2010 in Cina ed oggi presente in tutto il mondo con una importante proposizione di valore contro le patologie oncoematologiche. L’assunto di fondo è che non debba ritenersi sufficiente la sola esistenza o scoperta di farmaci ad alto impatto sulla malattia. Devono essere realmente accessibili al maggior numero di persone per considerarli davvero preziosi. In queste poche righe si racchiude la vision di un’azienda molto giovane che estende la tradizionale accezione del “paziente al centro” connotandone anche la dimensione senza limiti di confini in termini di possibilità di accesso.
La ricerca e la produzione di farmaci oncologici ad alto valore aggiunto costituiscono l’obiettivo di fondo di BeiGene che, come sottolinea Claudia Rigamonti, Country Medical Director ,“è costantemente guidata dalla scienza e dalle evidenze scientifiche. La scienza è alla base di tutti i programmi di sviluppo, anche quelli più innovativi, e costituisce il nostro faro-guida per cercare sempre più alternative terapeutiche per le persone che convivono con la malattia. Siamo partiti da molecole già note – sintetizza Rigamonti – e quindi abbiamo cercato di sviluppare molecole alternative che fossero sensibilmente migliorative, quindi dei “best in class”, senza peraltro abbandonare mai ricerca e sviluppo di molecole innovative per specifiche patologie definite come “first in class”. Quindi farmaci bispecifici, trispecifici, anticorpi farmaco-coniugati CDAC (Chimeric Degradation Activating Compound) composti chimerici attivanti la degradazione proteica, tutte terapie innovative, sviluppate su piattaforme innovative, con l’obiettivo di dare ulteriori opzioni di cura a persone che ne hanno assoluto bisogno”.
Il Market Access di BeiGene in Italia ha appena compiuto un anno e sta cominciando a strutturarsi con una struttura di field access manager sul territorio. L’ambizione di BeiGene Italia ricalca l’ambizione di casa madre, sottolinea Chiara Cernetti, Country Market Access Director “di diventare leader nello sviluppo di farmaci estremamente innovativi nei tumori solidi, in ematologia e in immuno oncologia. Tutto questo, potrà essere realizzato grazie anche ad un principio che si racchiude nelle parole “accessibile” e “rapidità”. Per rispondere a queste due sfide è necessario trovare quelle che sono le leve più importanti per abbattere le barriere e rendere disponibili i farmaci ai pazienti il più velocemente possibile”. Questa è una differente declinazione del concetto di “Paziente al centro” che vede BeiGene fortemente impegnata a collaborare con il Servizio sanitario nazionale, con le associazioni pazienti, le società scientifiche, le istituzioni e i decisori con lo stesso spirito che muove le collaborazioni e le interazioni interne tra i vari settori aziendali.
Mettere il paziente al centro delle proprie attività di ricerca significa, però, anche mettere al centro delle proprie attività la capacità di ascolto di chi, quel paziente è chiamato a curarlo. Il che significa, sottolinea dal canto suo Roberto Damele, Director Commercial Operations, “Consolidare un atteggiamento di ascolto dei professionisti, siano essi clinici, farmacisti o interlocutori istituzionali. Ascoltarli senza precondizioni, senza preconcetti, in maniera competente a salvaguardia delle regole e delle norme di compliance che ci devono guidare, ma con la mente aperta per trovare soluzioni che non sono necessariamente già nelle nostre disponibilità, che non sono quindi preconfezionate, ma che possono essere costruite, appunto, insieme a chi detiene la responsabilità di presa in carico dei pazienti”.
Un approccio complessivo che risulta ancor più chiaro se ci si sofferma sulla visione di BeiGene a livello globale. “Il nostro intento” dichiara infatti Marco Sartori, General Manager di BeiGene Italia, è quello di essere un riferimento per un nuovo modello nell’industria biotecnologica che sappia costruire capacità e infrastrutture nei mercati poco serviti, contemporaneamente a quelli tradizionali come il Nord America e l’Europa. Un modello che mira anche a ridurre i costi dello sviluppo clinico nel rispetto dei più alti standard di qualità.
E’ noto che tra i costi più elevati che l’industria deve affrontare ci sono, infatti, quelli dello sviluppo clinico. Internalizzare le clinical operation – sottolinea il dr Sartori – consente di ridurre parte di questi costi, migliorare laddove possibile la qualità dei dati puntando anche ad un maggiore commitment sull’arruolamento dei pazienti. Oltre a questo, crediamo sia fondamentale sviluppare il nostro lavoro in collaborazione con le autorità sanitarie e regolatorie globali e nazionali per facilitare e rendere più rapido l’accesso ai farmaci”. E se questo è lo stile e la visione oggi, le strategie per il futuro sono, se possibile, ancora più ambiziose: “Diventare un leader globale nello sviluppo clinico, essere un First Mover per creare un vantaggio competitivo strategico nella distribuzione e nell’accesso in nuovi mercati e costruire una reputation internazionale come innovatori in oncologia e onco-ematologia. Questo allo scopo di creare valore per il paziente attraverso la ricerca scientifica, la differenziazione clinica e la velocità di accesso”.