La VAP (polmonite associata a ventilazione) è l’Ica più letale e rappresenta circa l’86% delle polmoniti ospedaliere e il 30% di tutte le infezioni nosocomiali. È dunque necessario che gli operatori sanitari coinvolti nella gestione dei pazienti a rischio di sviluppare VAP applichino delle best practice: le VAP possono essere prevenute seguendo le linee guida basate sull’evidenza e adottando procedure standardizzate. Sono questi i temi trattati nel corso del nuovo National Summit di Popular Science.
All’incontro, sostenuto incondizionatamente da Medtronic, sono intervenuti Angelo Gratarola, Responsabile del Comitato di Comunicazione SIAARTI; Serena Lochi, caposala della Terapia Intensiva della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma; Rita Maria Melotti, Direttore Anestesiologia e terapia del dolore Sant’Orsola di Bologna; Maria Rosaria Gualano, Vicepresidente SIMM (Società Italiana Management in medicina); Mara Corbo, Sr Value Access & Policy Mgr (Medtronic) e Salvatore Torrisi, Presidente Federazione Provveditori ed Economi del SSN (FARE).
“La VAP è una polmonite che si manifesta in un paziente intubato da almeno 48 ore”, spiega Angelo Gratarola. “Il rischio di sviluppare una VAP è correlato alla durata della ventilazione, ed è maggiore nei primi giorni di ventilazione. Esistono poi altri fattori di rischio come il trauma, la presenza si contusioni polmonari, l’uso di inibitori della pompa protonica-anti H2, la presenza i BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) o di ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto). Anche le forme gravi di Covid-19 (quelle che richiedono incubazione tracheale prolungata) aumentano il rischio di VAP”. La mortalità, continua il medico, dipende dal tipo di microorganismo infettivo e dalla tempestività del trattamento.
Pratiche per la prevenzione della VAP
Nel 2001 l’Institute for Healthcare Improvement (IHI) ha sviluppato il concetto di bundle, un insieme contenuto di pratiche evidence-based che, applicate congiuntamente e in modo
adeguato, migliorano la qualità e l’esito dei processi con un effetto maggiore di quello che le stesse determinerebbero se fossero attuate separatamente.
Serena Lochi definisce con precisione quali sono i bundle per la prevenzione della VAP. “La gestione e la prevenzione di questa complicanza è multidisciplinare”, osserva, “e il ruolo dell’infermiere è molto importante. Con poche semplici azione basate sull’Evidence-Based Nursing, l’infermiere può predisporre tutti gli interventi assistenziali che non solo prevengono ma anche abbattono drasticamente la mortalità correlata alla VAP in terapia intensiva. Sono interventi preventivi che devono essere iniziati molto prima dell’intubazione”.
“La presenza del tubo endotracheale e la sedazione, fanno si che i riflessi fisiologici come la deglutizione (che permettono di prevenire l’insorgenza di infezioni del tratto respiratorio) siano inibiti”. Per questa ragione il rischio di infezione aumenta ed è importante adottare tutta una serie di provvedimenti per evitarlo.
“Tutti devono adottare i seguenti comportamenti: fare attenzione all’igiene delle mani, posizionare la testata del letto del paziente a una giusta angolazione, tra i 30 e i 45 gradi, garantire l’igiene del cavo orale, eseguire il drenaggio delle secrezioni sub-glottide e la valutazione quotidiana della possibilità dello svezzamento dalla ventilazione meccanica. Inoltre, tutte le attività eseguite dall’infermiere in collaborazione con il medico, devono essere documentate in una cartella condivisa”.
Rita Maria Melotti racconta l’esperienza realizzata nell’ambito dell’Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia Romagna per la prevenzione delle infezioni che si verificano nei reparti di terapia intensiva. “Abbiamo avviato un’indagine conoscitiva che ha coinvolto le 39 terapie intensive della regione con l’obiettivo di descrivere le attività di sorveglianza e controllo delle infezioni. Abbiamo quindi valutato la prevenzione della VAP (che è quella che di certo crea maggiori criticità) come parte delle infezioni che si possono verificare in questi reparti”.
Nell’indagine, per ogni terapia intensiva sono state coinvolte diverse figure professionali. “L’adesione alle misure raccomandate dal CDC era discreta, ma viste le differenze tra le diverse terapia intensive abbiamo segnalato la necessità di un miglioramento. Il 70% di terapie intensive aveva dei protocolli per la prevenzione delle infezioni nel paziente ventilato ma solo una parte di questi protocolli era validata dalle direzioni sanitarie o tratta da linee guida internazionali e solo nel 37% delle terapie intensive erano esplicitati i criteri per la diagnosi delle infezioni delle vie respiratorie”.
Sulla base dell’indagine sono partiti poi altri progetti, tra cui la stesura di un documento condiviso che descrive buone pratiche assistenziali per prevenzione e il controllo delle infezioni.
Trasformazioni sanitarie: centralità del paziente e multidisciplinarietà
Rispetto a queste considerazioni, Maria Rosaria Gualano nel suo intervento sottolinea “l’importanza di disporre di evidenze scientifiche” e la necessità di “conoscere efficacia di metodologie e di procedure da valutare”. Inoltre osserva come la sanità negli ultimi decenni si stia trasformando. La metamorfosi vede il paziente, sempre di più attivo e informato, al centro del processo di cura e la multidisciplinarità come cardine.
Proprio perché “ è in atto una trasformazione del concetto di salute”, concorda Mara Corbo, “per un’azienda non è più sufficiente portare innovazione tecnologica, sono necessarie delle riflessioni sulla sostenibilità delle tecnologie che portiamo sul mercato ed è necessario comprendere in un ottica di modelli trasformativi dell’healthcare come posizionare in maniera corretta la tecnologia. Ritorniamo al concetto di value based care, che significa orizzontalità dei percorsi e centralità del paziente”
“La VAP è un enorme problema di salute che ha un impatto negativo sia sugli esiti di salute dell’intervento e sui costi complessivi di cura. Un episodio di VAP in un singolo paziente aumenta i costi di cura di 12.000 euro, rispetto a quanto avviene per un paziente in terapia intensiva in cui non si verifica VAP”, spiega Corbo.
“Medtronic è pronta a condividere i successi ma anche gli insuccessi delle aziende sanitarie che usano le sue tecnologie. Nel caso della VAP quindi, se l’uso della nostra tecnologia e l’applicazione del protocollo multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni non portano a una riduzione delle VAP, l’azienda è disposta a risarcire il centro medico di quanto investito nella tecnologia e delle spese di cura. Mettiamo quindi al centro l’esito del paziente”.
“Proprio rispetto al nuovo concetto di value based, credo che dovremmo iniziare a misurare non solo il beneficio di una terapia, di una tecnologia di una pratica, dal punto di vista sanitario, ma anche a valutare il beneficio che viene apportato ad altri attori (enti pubblici e privati) grazie agli esiti positivi del paziente”, conclude Salvatore Torrisi.
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