In Gran Bretagna lavorano oltre 3.400 i farmacisti provenienti dai 28 Paesi dell’Unione europea e dai tre dell’Efta (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), tutti registrati al General pharmaceutical council (Gphc), l’ente di autogoverno dei farmacisti britannici. Da questi professionisti – che rappresentano il 6.6% dei farmacisti del Regno Unito – si leva un ulteriore allarme sugli scenari che potrebbero configurarsi nel dopo Brexit.”È troppo presto per capire se e quali saranno le conseguenze del referendum del 23 giugno – ha commentato un portavoce del Gphc al Pharmaceutical Journal – Per il momento restano in vigore gli attuali accordi, compresi quelli relativi ai laureati in farmacia provenienti dai Paesi Ue, che praticano la professione o stanno seguendo programmi di formazione nel Regno Unito. E così sarà fino a quando le norme non verranno modificate”.
Rassicurazioni arrivano anche dalla Royal pharmaceutical society (Rps), che in una nota incoraggia farmacisti e ricercatori stranieri a restare in Inghilterra e continuare il proprio lavoro in tutta serenità. La Società, dice il comunicato, ”farà di tutto perché questi professionisti continuino a sentirsi ben accetti non solo nella Rps, ma anche nelle farmacie del territorio, nelle Università, negli ospedali, nell’industria farmaceutica e negli altri settori della sanità”.