(Reuters Health) – Nivolumab migliora la sopravvivenza complessiva tra i pazienti con carcinoma esofageo a cellule squamose (SCC) in fase avanzata.
È il risultato dello studio clinico di fase III ATTRACTION-3, pubblicato su Lancet Oncology e coordinato da Ken Kato del National Cancer Center Hospital di Tokyo, in Giappone.
Nivolumab è un inibitore di PD-1 ed è approvato dalla FDA americana nel trattamento di diversi tumori solidi. Nella fase II della sperimentazione, l’inibitore di checkpoint aveva mostrato una promettente attività antitumorale nel pazienti con SCC esofageo avanzato.
Nella fese III del trial clinico, i ricercatori hanno confrontato nivolumab con chemioterapia su 419 pazienti con SCC esofageo avanzato o recidivante non operabile, che erano refrattari o intolleranti a una precedente chemio. Poco meno della metà dei pazienti di ciascun gruppo presentava tumori che esprimevano almeno l’1% di PD-L1 all’inizio della terapia.
Dopo un follow-up di 17,6 mesi, la sopravvivenza media complessiva è stata più lunga con nivolumab, 10,9 mesi, rispetto alla chemioterapia, 8,4 mesi, pari a un 23% di riduzione del rischio di morte nel periodo in studio. Inoltre, la sopravvivenza globale media non differiva in modo significativo in base all’espressione del PD-L1 nel tumore.
I tassi di risposta oggettiva erano simili nel gruppo nivolumab e nel gruppo che si sottoponeva a chemioterapia, ma la durata media della risposta era sostanzialmente più lunga con nivolumab, 6,9 mesi, che con la chemio, 3,9 mesi.
Per quel che riguarda gli effetti avversi gravi correlati al trattamento, questi sono stati evidenziati nel 16% dei pazienti in terapia con nivolumab rispetto al 23% dei pazienti in chemioterapia, con un’incidenza simile di eventi che portavano all’interruzione della terapia, in entrambi i gruppi. Infine, la qualità di vita era significativamente migliore tra i pazienti trattati con nivolumab rispetto a quelli curati con la chemioterapia.
Fonte: Lancet Oncology
(Versione italiana per Daily Health Industry)