Dopo gli anni del boom 2020 e 2021, con l’entrata in Borsa di molte aziende del settore, il biotech nel 2022 ha conosciuto una flessione in termini di investimenti. “Con la riapertura dell’economia, dopo la pandemia di Covid-19, si è verificata una ripresa a forma di V, che ha lasciato il posto a un aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione”, osserva Barbara Ryan, senior advisor del settore Life Sciences di Ernst & Young, “Oggi una delle maggiori sfide per le aziende biotech riguarda l’aumento dei tassi di interesse, che sono inversamente correlati alle loro valutazioni”.
E questo è stato uno dei temi più discussi alla J.P. Morgan Healthcare Conference, conclusasi il 12 gennaio. Tra le soluzioni più caldeggiate, i partecipanti alla kermesse di San Francisco hanno indicato una piena ripresa delle collaborazioni e degli accordi tra biotech e big pharma. Per altre forme di iniezioni di liquidità bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo.
Ne è convinto Robert Lyne, CEO della società di venture capital (VC) Arix Bioscience, che segnala la necessità di un periodo di ripresa più lungo affinché i mercati pubblici si aprano maggiormente all’attività e agli investimenti.
Nel frattempo, occhio all’andamento dell’inflazione.
Nel 2022 la Federal Reserve ha aumentato il tasso d’interesse di riferimento per sette volte, per terminare nella fascia 4,25-4,5% nel mese di dicembre 2022.
Il 20 gennaio Christopher Waller, membro del Consiglio dei governatori della Federal Reserve, si è espresso a favore di un aumento dello 0,25%, che potrebbe essere attuato alla fine di gennaio, segnando una relativa decelerazione degli aumenti dei tassi di interesse.
“Mentre permane la possibilità di una recessione, alcuni prevedono che i tassi di interesse e l’inflazione raggiungeranno il picco nel 2023 e ciò potrebbe favorire i titoli growth e avvantaggiare il biotech”, conclude Barbara Ryan.