(Reuters) – La sperimentazione di fase avanzata su tofersen, candidato di Biogen contro una forma ereditaria di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), non è riuscita a raggiungere l’obiettivo principale. La pharma ha però dichiarato che i dati sono comunque complessivamente incoraggianti, visti i risultati positivi degli obiettivi secondari e dei biomarcatori.
Biogen si impegnerà con le autorità regolatorie e con altre parti interessate “per comprendere la significatività di questi dati e i potenziali percorsi da seguire”, sottolinea Toby Ferguson, responsabile dell’unità di sviluppo neuromuscolare di Biogen.
L’azienda sta coinvolgendo i pazienti arruolati nel trial in uno studio di follow-on e ha recentemente iniziato una sperimentazione di fase 3 in soggetti che non presentano ancora i sintomi della SLA. Il farmaco, somministrato ogni mese direttamente nel canale spinale, è progettato per sopprimere la produzione di SOD1, una proteina che può accumularsi a livelli tossici nei pazienti con SLA che hanno mutazioni di uno specifico gene. Si ritiene che circa il 2% dei casi di SLA sia causato da questa mutazione genetica.
I dati
Dopo 28 settimane di trattamento, lo studio su 108 pazienti ai quali è stato somministrato tofersen ha mostrato una differenza di 1,2 punti su una scala che valuta le capacità funzionali nei malati di SLA a rapida progressione. Questo valore non è risultato statisticamente significativo rispetto ai pazienti trattati unicamente con placebo, Nel gruppo di malati con SLA a progressione più lenta, la differenza rispetto al braccio placebo è stata invece di 1,4 punti. Per essere clinicamente significativo, sarebbe stato necessario un miglioramento di almeno 2 punti.
Biogen ha anche dettagliato i risultati degli endpoint secondari dello studio tra i quali la capacità respiratoria e la forza muscolare.
La società ha dichiarato che i pazienti trattati con tofersen se la sono cavata meglio di quelli che hanno ricevuto solo placebo, i quali hanno registrato miglioramenti simili dopo essere passati alla terapia con il candidato.
“Nonostante il fatto che non ci sia stata alcuna differenza statisticamente significativa nell’endpoint primario, c’è comunque un segnale dal punto di vista clinico”, afferma Timothy Miller, investigatore principale dello studio e direttore del centro SLA presso la Washington University School of Medicine, St. Louis, che ha presentato i dati su tofersen al meeting annuale dell’American Neurological Association.
Lo studio ha anche mostrato che i pazienti trattati con tofersen hanno fatto registrare quantitativi più bassi di proteina SOD1 rispetto a quelli del gruppo placebo. Anche i livelli della catena leggera dei neurofilamenti plasmatici, un potenziale marker di degenerazione delle cellule nervose, sono risultati inferiori.
“Ciò suggerisce che c’è un effetto clinico sul malato”, conclude Miller.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana Daily Health Industry)