(Reuters Health) – AstraZeneca avrebbe quadruplicato la produttività negli ultimi dieci anni. Il segreto? Un portafoglio più contenuto e tagli a ricerca e personale. Sono queste le evidenze di un’analisi pubblicata da Nature Reviews Drug Discovery. L’inversione di tendenza in AstraZeneca di questo decennio fa seguito a una contrazione a livello di organizzazione globale in ricerca e sviluppo e a una revisione strategica avviata nel 2011, un anno prima che arrivasse l’attuale CEO, Pascal Soriot, che ha proseguito con questa filosofia, restringendo sempre di più il numero delle aree terapeutiche su cui puntare e ponendo maggiore attenzione alle aree strategiche, in particolare a quella del cancro. “Tutti questi miglioramenti sono avvenuti con meno persone, meno siti di produzione e meno soldi”, dice Mene Pangalos, responsabile della Innovative Medicine and Early Development Unit della pharma britannica.
Il percorso
Tra il 2005 e il 2010 AstraZeneca ha portato al successo il 4% degli studi clinici di fase III. Una percentuale veramente bassa, visto che la media del settore si attestava al 6%. Tra il 2012 e il 2016 il rate di successo degli studi clinici targati AstraZeneca è salito al 19%, a fronte di una media del settore che si aggirava ancora intorno al 6%. Contemporaneamente, però, è calato nettamente il numero di progetti avviati alla fase III dalla pharma britannica, scesi a 76 dai 287 del periodo 2005-2010. Questo aumento della produttività è coinciso con una maggiore fiducia da parte degli azionisti. Una fiducia che anche il fallito assalto da parte di Pfizer nel 2014 avrebbe reso più solida, secondo alcuni osservatori.
Fonte: Nature Reviews Drug Discovery
(Versione italiana per Daily Health Industry)