Arriva nell’Ue il primo vaccino per proteggere gli anziani contro il virus sinciziale, causa di grave malattia respiratoria. La Commissione europea ha infatti autorizzato l’Arexvy, della GlaxoSmithKline, per la vaccinazione delle persone dai 60 anni di età. L’invito agli Stati europeo è ora «a mettere a frutto rapidamente questa autorizzazione e definire strategie nazionali di vaccinazione in modo che le persone più a rischio possano accedervi nei prossimi mesi prima della prossima stagione autunnale», ha detto la commissaria Ue per la Salute Stella Kyriakides.
Quello sinciziale è un comune virus respiratorio che di solito causa sintomi lievi, simili al raffreddore. Può avere però una forma grave nelle persone vulnerabili, compresi gli anziani e quelli con malattie polmonari o cardiache e il diabete. Ogni anno in Europa, causa tra le persone dai 65 anni di età circa 250mila ricoveri e 17mila decessi in ospedale. Il via libera al vaccino era particolarmente atteso alla luce dell’aumento delle infezioni nell’Ue registrato lo scorso inverno. L’ok è avvenuto nell’ambito del meccanismo di valutazione accelerata dell’Agenzia europea del farmaco Ema e la Commissione ne ha ratificato l’autorizzazione.
“Il vaccino autorizzato per il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è efficace all’85% in anziani e fragili: meglio dell’antinfluenzale. Si farà in autunno, ma non sappiamo ancora se servirà ogni anno, sono in corso studi: il virus respiratorio sinciziale infatti non ha una grande variabilità. Ne beneficeranno sicuramente gli over 60, soprattutto i fragili per patologie polmonari, cardiache, immunodepressione e insufficienza renale”. E’ il commento di Paolo Bonanni, ordinario di Igiene generale e applicata, Università di Firenze. La malattia da Rsv “è conosciuta molto più per i danni pediatrici che non nell’anziano – spiega l’esperto – E’ il virus che causa bronchioliti nel bambino, nei primi mesi di vita, e che cerchiamo di prevenire in vari modi, ma c’è anche nelle persone anziane. Nei paesi occidentali si calcolano oltre 470mila casi di malattia all’anno, in particolare polmonite, e almeno 33mila morti”. Si tratta di “una patologia poco conosciuta – aggiunge Bonanni – In assenza di strumenti efficaci di prevenzione e cura di una malattia, tendiamo a dimenticarcela. Certo, ha un nome un po’ particolare questo virus – riflette – così definito per il fatto che crea dei sincizi, cioè causa la fusione delle cellule che infetta. Durante la stagione influenzale, vediamo dei casi che clinicamente si assomigliano, ma non sono tali. Finora, in assenza di strumenti preventivi, gli esperti di malattie respiratorie si sono limitati a fare quello che potevano”. Ora, con il vaccino, è possibile prevenire questa patologia negli anziani e nei soggetti fragili.
Tornando ai bambini “la cosa importante è proteggerli nei primi mesi di vita – sottolinea Bonanni – Abbiamo in questo momento 2 approcci: anticorpi monolocali da somministrare direttamente all’ospedale nel bambino che nasce d’inverno e che potrebbero essere somministrati ad ottobre se nasce in estate, ovvero prima dell’inizio della stagione dell’Rsv, che è quella invernale. Dobbiamo proteggere i piccoli – ribadisce – vorremmo somministrarlo a tutti: i neonati sono tutti a rischio. Poi ci sono anche le vaccinazioni in gravidanza, ma vale soprattutto per i bambini che nascono in inverno”, conclude l’esperto.
“Come operatore di sanità pubblica sono entusiasta di avere a disposizione questo nuovo strumento”. L’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) è “una patologia poco conosciuta e invece prevalente, soprattutto durante il periodo invernale, e che si può confondere con l’influenza perché fa parte delle Ili (Influenza Like Illness). E’ una patologia che può avere serie conseguenze, soprattutto per la fascia di popolazione più anziana e più fragile con immunocompromissione, contro la quale non abbiamo avuto finora né una terapia specifica né una possibilità di prevenzione”. Così Francesco Vitale, docente di Igiene e Medicina preventiva e direttore di Epidemiologia clinica all’ospedale Policlinico di Palermo. “Oggi, finalmente – aggiunge Vitale – abbiamo un vaccino che è adeguato dal punto di vista dei dati tecnici e delle valutazioni scientifiche: nei trial autorizzativi ha dato prova di grande efficacia. Spero che possa essere disponibile già per la prossima stagione invernale quando sarà importante cominciare a vaccinare le persone”. Riflettendo sull’impatto che la patologia ha sulla popolazione anziana rispetto a quella infantile, Vitale osserva che “la popolazione dei bambini, nei primi due anni di vita, è una popolazione che, in Italia, è inferiore a 1 milione mentre la popolazione italiana con più di 65 anni è composta da circa 14 milioni di persone. Pertanto – continua – se è vero che l’incidenza dell’infezione della malattia da Rsv è più alta nei bambini molto piccoli, è anche vero che pure una minore incidenza nella popolazione over 65 anni significa un numero di casi molto superiore, anche perché interessa persone anziane con comorbosità. Questo significa che se noi usassimo bene questo vaccino – sottolinea – così come anche gli altri ovviamente, potremmo risparmiare davvero migliaia di casi, di ospedalizzazioni ma anche di morti”.
“In occasione dell’ultimo congresso mondiale di sanità pubblica che si è svolto a Roma lo scorso maggio – prosegue il professore – abbiamo presentato una stima ottenuta con un modello matematico sulla base di dati americani, che sono in grado di conteggiare i casi di Rsv in maniera molto più precisa. Ebbene, se noi avessimo le stesse incidenze che si osservano negli Stati Uniti – spiega – in Italia dovremmo aspettarci di avere, negli adulti over 65 anni, circa 420mila casi di infezione da Rsv, circa 21mila ospedalizzazioni e circa 3.500 morti per anno. Questo è il carico di malattia che potremmo evitare o per lo meno limitare utilizzando bene uno strumento come quello vaccinale”.
“La mia maggiore preoccupazione – osserva Vitale – sta nel fatto che ancora non abbiamo il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 che è pronto dalla fine del 2021, ha già passato il vaglio degli organi tecnico-scientifici, ma è bloccato in Conferenza Stato-Regioni a causa dell’aumentato costo della prevenzione vaccinale. In questo piano ancora non c’è questo vaccino, che costerà quindi qualcosa in più, ma quando il Piano già viene bloccato perché si discute di un aumento di costi di circa 200 milioni di euro all’anno per tutta Italia, per tutti i vaccini – che è una cifra veramente minima rispetto a quanto costano alcuni farmaci – ebbene sono preoccupato perché abbiamo uno strumento importante per una prevenzione importante ma se poi non potremo utilizzare questo vaccino sarà un fallimento”, conclude l’esperto.
“L’autorizzazione europea era molto attesa e risolve un grande problema di sanità pubblica perché il virus respiratorio sinciziale (Rsv) è molto importante per le polmonite virali non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto”, interviene Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Il via libera della Commissione europea “è la premessa – continua – perché il vaccino venga presto riconosciuto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e possa essere disponibile anche in Italia. Tecnicamente potrebbe essere già disponibile per la prossima stagione. I tempi sono stretti e sempre imprevedibili, ma auspichiamo che per l’arrivo dell’autunno possiamo anche a noi averlo a disposizione”. Nella prevenzione “possiamo fare la differenza – continua Andreoni – L’Rsv è uno dei virus responsabili di polmoniti estremamente gravi non solo nel bambino ma anche nel soggetto adulto. E’ un virus respiratorio che si trasmette facilmente per via aerea ed è la causa, insieme a quello influenzale, della metà delle polmoniti virali”. La gravità “è dovuta alle scarse armi farmacologiche a disposizione per queste forme estremamente severe che comportano l’ospedalizzazione e anche un rischio di morte – aggiunge – soprattutto nei soggetti più fragili che non sono solo cardiopatici, neuropatici e diabetici, ma anche gli immunodepressi”.
L’infezione da Rsv, è “un malattia seria che abbiamo imparato a conoscere nei bambini – riflette l’esperto Simit – ma che stiamo vedendo anche negli anziani. È una cosa nuova in questa popolazione, ma causa 15mila decessi solo negli Usa e, in circa l’80% dei casi, sono soggetti con più di 65 anni. L’età – ribadisce Andreoni – è un fattore di rischio. Ce ne stiamo accorgendo adesso perché abbiamo tecnologie diagnostiche più accurate, la diagnosi di polmonite virale era poco rilevabile perché non avevamo test diagnostici adeguati al di là dell’influenzale e del coronavirus. Avendo tecnologie che ci permettono la diagnosi eziologica abbiamo visto che il virus sinciziale ha un impatto importante, tra tutte le polmonite virali”.
Questa è una vaccinazione in più che si potrà fare, insieme all’antinfluenzale e all’anti-Covid. “C’è il timore delle troppe vaccinazioni – riflette Andreoni -. Dobbiamo partire da un altro concetto. Nei bambini facciamo 5-6 vaccini contemporaneamente. Il nostro organismo è abituato a venire a contato con tanti antigeni. Ci dobbiamo preoccupare di prevenire malattie che si possono evitare. In questo momento – aggiunge l’esperto – non ci sarà l’indicazione della somministrazione contemporanea, si procede a piccoli passi. Per influenza e Covid abbiamo già questa indicazione, per quello contro l’Rsv molto presto avremo i dati. In questo momento, averlo a disposizione – conclude – è già un traguardo importante, si avvicina il tempo in cui potremo avere un’arma contro un’infezione che non è rara”, anche nell’anziano.
“Nei pazienti a rischio, fragili per età o presenza di altre malattie croniche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), il diabete o il rischio cardiovascolare, è più facile avere una infezione che porti a ospedalizzazione. Prevenire l’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) significa prevenire le forme più gravi della malattia e il peggioramento del quadro clinico generale”. Così Alberto Papi, professore ordinario di Malattie apparato respiratorio, università di Ferrara. “Lo abbiamo atteso per 60 anni. Oggi abbiamo un vaccino per l’Rsv che previene l’infezione con un’efficacia superiore all’80% e fino al 90%, soprattutto nelle persone fragili e più a rischio di malattia grave”, aggiunge Papi, primo autore dello studio registrativo che ha portato all’approvazione dell’anti-Rsv negli over 60. “Il 70% dei soggetti considerati, aveva almeno una comorbidità, quindi una malattia come la Bpco o il diabete, e proprio su questa popolazione la risposta è stata addirittura del 90%”.
Le persone che hanno un’immunità compromessa, come “gli anziani con Bpco, diabete o malattia cardiovascolare – spiega il professore – in seguito all’infezione da virus respiratorio sinciziale, hanno un rischio più alto di sviluppare forme gravi di questa patologia, tanto da richiedere l’ospedalizzazione che, in questi pazienti, è dalle 3 alle 10 volte più frequente.” Avere uno strumento, come il vaccino, che riduce il rischio di ricovero è molto importane. “In pazienti con già una patologia cronica come la Bpco, per esempio – continua Papi – un’infezione come la Rsv può scatenare una riacutizzazione dei sintomi, nonostante un buon controllo farmacologico. Tale condizione può richiedere l’ospedalizzazione e peggiorare il quadro clinico generale: ogni riacutizzazione, infatti, aggrava la progressione della malattia cronica. Dobbiamo prevenire quello che possiamo”.
Tornando allo studio registrativo “già i dati della prima stagione – sottolinea il primo autore – mostravano una significativa differenza di incidenza dell’infezione, parliamo di 7 mesi di vaccinazione: significa che è molto efficace. Arriveranno i dati della seconda stagione e poi ne attendiamo una terza: step necessari per capire con che frequenza vaccinare – aggiunge Papi – Nella formulazione c’è un adiuvante che favorisce la risposta immunitaria anche nell’anziano, tanto che è simile a quella dei giovani e quindi efficace”. Un aspetto che ha particolarmente colpito Papi è la sensibilità dimostrata dai pazienti fragili nei riguardi di questa forma di prevenzione. “Su questo – osserva – il Covid ha fatto la differenza. Ho visto pazienti bussare alla porta chiedendo di essere arruolati nello studio clinico, non era mai accaduto. C’è un cambiamento nella percezione di una prevenzione attiva – conclude lo pneumologo – le misure per la prevenzione che si possono mettere in atto, vanno messe in atto”.