La Commissione Europea ha approvato in maniera condizionata belzutifan, inibitore orale del fattore 2 alfa inducibile dall’ipossia (HIF-2α) di MSD, in monoterapia per due indicazioni:
il trattamento di pazienti adulti affetti dalla malattia di Von Hippel Lindau – una malattia genetica rara che colpisce circa 200.000 persone a livello mondiale e da 10.000 a 15.000 persone in Europa – che necessitano di terapia per carcinoma a cellule renali (RCC) localizzato, per emangioblastomi del sistema nervoso centrale (SNC) o per tumori neuroendocrini del pancreas (pancreatic neuroendocrine tumours, pNET) associati alla malattia di Von Hippel Lindau e per i quali le procedure locali non sono adeguate;
il trattamento di pazienti adulti affetti da carcinoma del rene (RCC) a cellule chiare avanzato, progredito dopo due o più linee di terapia che includevano un inibitore del recettore di morte programmata di tipo 1 (PD-1) o del ligando di morte programmata di tipo 1 (PD-L1) e almeno due terapie mirate verso il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF).
L’approvazione di queste due indicazioni da parte della Commissione Europea si basa sui risultati degli studi LITESPARK-004 e LITESPARK-005 e segue la raccomandazione positiva del CHMP dell’EMA del dicembre 2024.
Si tratta della prima approvazione di belzutifan nell’Unione Europea; il farmaco è ora disponibile in più di 30 Paesi per i pazienti adulti con carcinoma del rene avanzato precedentemente trattati e in più di 40 Paesi per i pazienti adulti con alcune forme tumorali associate alla malattia di Von Hippel-Lindau.
L’approvazione della Commissione Europea consente la commercializzazione di belzutifan in tutti i 27 Stati membri della UE, in Islanda, Liechtenstein e Norvegia. I tempi per la disponibilità alla commercializzazione del farmaco in ogni Paese dell’Unione dipendono da diversi fattori, tra cui il completamento delle procedure di rimborso a livello nazionale
Belzutifan nella malattia di Von Hippel-Lindau. Le esperienze italiane
All’Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova e all’Ospedale San Raffaele di Milano – due Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) che svolgono attività di ricerca e assistenza medica avanzata – sono attivi programmi specifici per le persone colpite dalla malattia di Von Hippel-Lindau.
“La malattia di Von Hippel-Lindau è una sindrome ereditaria, quindi geneticamente determinata, che predispone allo sviluppo di tumori benigni e maligni a carico di diversi organi, dal rene, al pancreas al sistema nervoso centrale – spiega Alfonso Massimiliano Ferrara, endocrinologo dell’Unità Tumori Ereditari dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova – Allo IOV, dal 2003 a oggi, abbiamo seguito 331 pazienti colpiti da questa patologia, appartenenti a 178 diverse famiglie provenienti da tutte le regioni d’Italia. Tra le diverse manifestazioni della sindrome, l’emangioblastoma, in particolare, è un tumore benigno del sistema nervoso centrale ma, poiché si forma in uno spazio ristretto, cioè la scatola cranica se riguarda il cervelletto o il canale vertebrale se colpisce il midollo spinale, può causare complicazioni importanti, fino anche alle tetraplegie. Similmente, anche alcuni angiomi (alias emangioblastomi) della retina se non prontamente trattati possono condurre alla cecità”.
“Negli organi viscerali, come rene e pancreas – continua Ferrara -si possono formare lesioni cistiche che hanno, per lo più, un comportamento benigno oppure tumori maligni, come il carcinoma a cellule renali o il tumore neuroendocrino del pancreas. Nella malattia di VHL il primo approccio, tradizionalmente, è costituito dalla chirurgia. Questi pazienti vengono sottoposti a innumerevoli interventi chirurgici, in media fino a 6-8. L’approvazione di belzutifan da parte della Commissione europea è destinata a cambiare la pratica clinica nei vari Paesi, inclusa l’Italia, quando il farmaco sarà rimborsato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. L’arrivo di belzutifan rivoluzionerà l’approccio alla malattia di VHL nelle sue diverse manifestazioni. Infatti, in alcuni casi, il trattamento chirurgico o locoregionale non può essere eseguito e, pertanto, è fondamentale avere a disposizione una terapia sistemica efficace, come evidenziato dallo studio clinico registrativo che ha mostrato significativi tassi di risposta obiettiva”.
“L’approvazione di belzutifan da parte della Commissione Europa rappresenta una svolta decisiva nella gestione dei tumori associati alla malattia di Von Hippel-Lindau – afferma Alessandro Larcher, urologo e responsabile del programma VHL dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Milano – Questa terapia farmacologica innovativa, la prima in questo ambito, diventa uno strumento fondamentale per la cura delle persone con tumore del rene ereditario, che si affianca alle strategie esistenti di sorveglianza, ablazione e chirurgia”.
“Le persone con carcinoma a cellule renali associato a malattia di VHL, infatti, sono costrette a subire molti trattamenti ai reni, che possono comprometterne la funzione a lungo termine portando conseguenze come dialisi o trapianto – continua Larcher – All’Ospedale San Raffaele è attivo un programma specifico dedicato alle persone colpite dalla malattia di VHL, che affianca la cura dei pazienti e la ricerca traslazionale ed ha portato al riconoscimento di Clinical Care Center da VHL Alliance, la più importante associazione di pazienti e medici dedicata a VHL a livello globale. Dal 2021 seguiamo oltre 50 famiglie, centralizzando gli esami diagnostici, le valutazioni cliniche ed i trattamenti specialistici. Nel nostro centro abbiamo eseguito più di 50 interventi chirurgici per oltre 100 carcinomi renali VHL, sviluppando una tecnica di ‘precision surgery’ basata su imaging avanzato e combinazione di chirurgia ed ablazione per aumentare al massimo la preservazione di tessuto funzionante riducendo il rischio di insufficienza renale. Anche in centri ad alto volume questi interventi sono complessi dal punto di vista tecnico e pesanti per il paziente. In questo senso, avere a disposizione una terapia innovativa come belzutifan può ridurre il numero di interventi chirurgici necessari e la loro complessità, portando ad un miglior controllo della malattia. Questa riduzione nell’uso della chirurgia è stata già evidenziata nello studio registrativo, grazie ad una un’ottima risposta sui tumori primitivi, a fronte di un buon profilo di tossicità”.
Lo studio LITESPARK-004
LITESPARK-004 è uno studio di Fase II in aperto che ha valutato belzutifan per il trattamento dei pazienti con malattia di VHL che presentano almeno un tumore solido misurabile localizzato al rene che non richieda la chirurgia immediata. Lo studio ha arruolato 61 pazienti a ricevere belzutifan (120 mg oralmente una volta al giorno) fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile. L’endpoint primario è ORR nel RCC associato alla malattia di VHL. Gli endpoint secondari comprendono DOR, tempo alla risposta, PFS, tempo alla chirurgia e alla sicurezza. Inoltre, lo studio ha valutato i tassi di risposta in altri tumori comuni associati alla malattia di VHL tra cui pNET e emangioblastoma del SNC.
I risultati
Nello studio, nei pazienti con RCC associato a malattia di VHL (n=61), belzutifan ha mostrato un ORR del 49% (CI 95%, 36-62) (n=30/61); tutte le risposte sono risultate parziali (PR). La DOR mediana di questi pazienti non è stata raggiunta, con risposte in atto da 2,8+ a 22+ mesi; di questi 61 pazienti, lo studio ha anche valutato i tassi di risposta in altri tumori comuni associati alla malattia, tra cui l’emangioblastoma del SNC e pNET.
Lo studio LITESPARK-005
LITESPARK-005 è uno studio di Fase III in aperto, randomizzato, con controllo attivo che ha valutato belzutifan rispetto ad everolimus per il trattamento dei pazienti con RCC a cellule chiare localmente avanzato o metastatico non resecabile, in progressione dopo terapia con un inibitore del checkpoint di PD-1 o di PD-L1 e una terapia mirata verso il recettore VEGF, sia in sequenza che in combinazione. Lo studio ha arruolato 746 pazienti randomizzati a ricevere belzutifan (120 mg oralmente una volta al giorno) o everolimus (10 mg oralmente una volta al giorno). I duplici endpoint primari sono PFS e sopravvivenza globale. Gli endpoint secondari comprendono ORR, DOR e sicurezza.
I risultati
Belzutifan ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 25% (HR=0,75 [CI 95%, 0,63-0,90]; p=0,0008) rispetto a everolimus. La PFS mediana è risultata di 5,6 mesi (CI 95%, 3,9-7,0) con belzutifan rispetto a 5,6 mesi (CI 95%, 4,8-5,8) con everolimus. L’ORR con belzutifan è stato del 22% (n=82) (CI 95%, 18-27), con un tasso di CR del 3% (n=10) e un tasso di PR del 19% (n=72), e l’ORR con everolimus è stato del 4% (n=13) (CI 95%, 2-6); con un tasso di PR del 4% (n=13) e nessuna CR.
MSD e l’impegno in oncologia
“I risultati della ricerca clinica su belzutifan dimostrano il nostro impegno anche nelle neoplasie rare – sottolinea Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratrice Delegata MSD Italia – Le persone con tumori associati alla malattia di Von Hippel-Lindau finora erano prive di opzioni farmacologiche. Belzutifan può cambiare la vita di questi pazienti per i quali esiste un forte bisogno clinico insoddisfatto. Ora è necessario che questa innovazione terapeutica sia resa disponibile quanto prima anche in Italia. Devono essere eliminati i freni normativi e burocratici che ostacolano l’innovazione, definendo anche nuovi meccanismi di accesso precoce. La salute dovrebbe sempre essere considerata un investimento sul futuro e, per questo, necessita di risorse e tempestività”.
“L’approvazione di belzutifan nella UE introduce la prima e unica opzione terapeutica sistemica per i pazienti adulti con alcuni tumori associati alla malattia rara di VHL, per i quali non sono indicate le procedure localizzate, e offre una nuova opzione ai pazienti adulti con carcinoma renale a cellule chiare, in progressione da un inibitore di PD-1 o di PD-L1 e almeno due terapie mirate anti VEGF”, afferma Marjorie Green, Vicepresidente senior e Direttore di Oncologia e sviluppo clinico globale, Merck Research Laboratories. “E’ un momento importante e siamo soddisfatti che belzutifan, primo e unico first-in-class inibitore HIF-2α, possa ora potenzialmente aiutare questi pazienti che ne hanno necessità”.