Nella guerra dei dazi tra Usa e Cina entrano anche i prodotti biofarmaceutici e i dispostivi medici. L’Ufficio del U.S. Trade Representative (USTR) ha proposto martedì di inserire una tariffa aumentata del 25% su oltre 1.300 prodotti cinesi, per un valore di circa 50 miliardi di dollari all’anno. Oltre ad alcuni prodotti dell’industria informatica, automobilistica e aerospaziale, anche numerosi articoli biofarmaceutici e dispositivi medici cinesi sono diventati obiettivi della manovra statunitense. Antidepressivi, epinefrina, vaccini, insulina, antibiotici e prodotti immunologici, così come materiali per medicazioni mediche, defibrillatori, apparati di diagnostica per immagini e alcuni dispositivi elettronici per la chirurgia, sono stati colpiti dagli aumenti. La Cina ha immediatamente risposto con mosse definite “misure corrispondenti di uguale scala e forza contro i prodotti degli Stati Uniti”, pubblicando la propria lista da 50 miliardi di dollari di aumenti tariffari del 25% sui prodotti americani. L’elenco cinese non include biofarmaceutici, fatta eccezione per alcuni prodotti chimici destinati a un uso industriale.
Il nuovo scenario
L’azione degli Stati Uniti contro i prodotti biofarmaceutici cinesi non era inaspettata. Il 22 marzo scorso, davanti al Senate Committee on Finance, il rappresentante del commercio americano Robert Lighthizer ha annunciato che la sua agenzia avrebbe applicato tariffe per dieci settori industriali che il governo cinese aveva definito “Made in China 2025”. Si tratta del piano decennale che mira a trasformare la Cina in un leader tecnologico mondiale. Sono inclusi biofarmaceutici e dispositivi medici avanzati. I dirigenti USA del momdo biopharma hanno recentemente espresso le loro preoccupazioni su una potenziale guerra commerciale tra i due paesi. Parlando con CNBC mentre partecipava al China Development Forum tenuto a Pechino la scorsa settimana, Alex Gorsky, CEO di J&J, ha detto che 1,4 miliardi di cinesi e la crescente classe media rappresentano “un potenziale significativo” per la sua azienda. “Vogliamo avere prima di tutto un commercio equo in tutto il mondo nell’interesse di tutti – ha detto Gorsky – Speriamo di riuscire a lavorare con funzionari governativi sia negli Stati Uniti che in Cina per trovare di nuovo la strada giusta per affrontare le questioni attuali”. In un’altra intervista resa a CNBC, Van Narasimhan, CEO di Novartis, ha aggiunto che spera che la situazione non si aggravi.”Penso che danneggerebbe solo l’economia globale e ovviamente influirà sulle aziende come la nostra che hanno stabilimenti produttivi in tutto il mondo, Cina e Stati Uniti compresi. Dobbiamo essere in grado di gestire le nostre catene di approvvigionamento globali in modo stabile “, ha detto il numero 1 di Novartis.