Silicon Valley e aziende farmaceutiche. Johnson & Johnson conia una definizione 4.0: “In futuro non ci definiremo più un’industria sanitaria o biofarmaceutica. Saremo piuttosto un’industria tecnologica biofarmaceutica sanitaria”. La big pharma del New Jersey non è l’unica a mostrare una così spiccata vocazione verso la tecnologia più avanzata. Sanofi e Verily hanno collaborato, più di un anno, fa nell’ambito di Onduo, progetto di management del diabete, mentre GlaxoSmithKline, Boehringer Ingelheim e Novartis hanno firmato accordi con Qualcomm o Propeller Health per inalatori intelligenti. Siamo, comunque, ancora all’alba di una collaborazione. Secondo alcuni analisti statunitensi il momento per un matrimonio stabile non è ancora maturo. “Le pharma non hanno alcun motivo di avere fretta di cambiare radicalmente il modello di business per diventare vere società tecnologica”, dice Jeff Greene, leader delle transazioni globali delle life sciences di EY. “Se i farmaci innovativi stanno andando bene e la pipeline è robusta, perché un’azienda dovrebbe cambiare pelle?” Inoltre, un bias culturale, che ancora persiste, rende difficile una collaborazione continuativa tra aziende farmaceutiche e tecnologiche. “L’industria life sciences in genere si muove molto lentamente ed è molto rispettosa della regolamentazione di settore. Al contrario, le aziende tecnologiche si muovono molto più velocemente e senza paura – osserva Pamela Spence, Life Sciences Industry Leader di EY – Tenendo conto di questi fattori, l’industria farmaceutica probabilmente aspetterà che un ‘player’ tecnologico importante entri nel territorio farmaceutico e faccia qualcosa di veramente radicale”.
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