(Reuters Health) – Con il cambio di prospettiva tra le terapie antitumorali, che mirano alle mutazioni genetiche piuttosto che alla tipologia del tumore o alla sua sede, cresce l’ importanza di testare i pazienti per evidenziare gli ‘errori genetici’. Lo scorso mese, l’antitumorale Keytruda, di MSD, è diventata la prima terapia approvata negli USA contro uno specifico errore genetico, indipendentemente dalla sede del tumore. Più recentemente, Loxo Oncology ha mostrato che il suo farmaco, larotrectinib, contribuisce a ridurre la neoplasia nel 76% dei pazienti affetti da vari tipi di tumore ma con lo stesso, specifico difetto genetico, le cosiddette fusioni TRK, presenti nell’1% di tutti i malati di cancro. Un’altra azienda, Ignyta, ha sviluppato un farmaco che ha come target lo stesso errore genetico a cui punta il farmaco di Loxo e ora entrambe le aziende sono sotto revisione accelerata da parte dell’ente regolatore americano. Nel 2001, il farmaco di Novartis, Gleevec, ha trasformato il trattamento della leucemia mieloide cronica da una forma tumorale fatale a un tumore curabile per la maggior parte dei pazienti. Il medicinale punta a un difetto genetico e da allora la speranza di trovare sempre più trattamenti mirati e più sicuri della chemioterapia tradizionale è diventata una realtà. Inoltre, il sequenziamento dei geni è sempre più veloce ed economico. Cinque anni fa sono stati introdotti i primi test di profilo che individuano una gamma di geni che causano il tumore, per assegnare a ogni paziente la migliore terapia per diverse neoplasie.
Fonte: Reuters Health News
(Versione italiana per Daily Health Industry)