Il settore farmaceutico continua a fare utili grazie all’aumento del prezzo dei farmaci, nonostante la pressione della politica e dei consumatori. È quanto emerge da un rapporto di Credit Suisse, secondo il quale nel 2016 l’aumento netto dei prezzi avrebbe generato, negli USA, 8,7 miliardi di dollari per le principali aziende farmaceutiche. Un incremento, per quel che riguarda i prezzi di listino, del 9,8%, che si avvicina a quel +10,8% registrato nel 2015. Si tratta di un dato generico, ricavato su tutto il settore e dunque è chiaro che non possa essere applicato ad ogni singola azienda farmaceutica. Ma, secondo quanto calcolato dagli analisti, a beneficiare dell’aumento dei prezzi sarebbero state, Biogen, Eli Lilly, AbbVie, Allergan, Merck, Pfizer e Amgen. Le varie aziende farmaceutiche avrebbero però diversi livelli di rischio legato al prezzo dei farmaci. In particolare, sarebbero più a rischio le aziende che dipendono dalle vendite e che operano in aree terapeutiche costose e con un’elevata concorrenza. Tra le aziende a rischio maggiore rischio figurano Bristol-Myer Squibb, AbbVie e Roche. BMS, per esempio, secondo gli analisti soffrirà presto della concorrenza sul suo principale antitumorale, l’immuno-oncologico anti PD-1/PD-L1 Opdivo. In questo settore, infatti, il rivale di Pfizer e di Merck KGaA, Bavencio (avelumab), ha avuto l’ok proprio il mese scorso, mentre un farmaco della stessa classe di AstraZeneca potrebbe avere l’approvazione entro la fine dell’anno. Ma BMS sta soffrendo anche per le pressioni su Eliquis, l’anticoagulante che divide il mercato con il medicinale di Bayer e J&J, Xarelto, e su Orencia, l’anti-infiammatorio per il trattamento dell’artrite reumatoide che potrebbe vedere presto arrivare sul mercato dei concorrenti. Tra le aziende, invece, meglio posizionate per affrontare la crisi ci sarebbero BioMarin, Gilead, Novo Nordisk e Regeneron.