Le vendite dei farmaci efficaci contro l’epatite C prodotti da Gilead sono in caduta libera, e il suo bacino di pazienti idonei si è ridotto drasticamente proprio grazie al successo dei farmaci prodotti da questa azienda. Cosa accadrebbe però se tutti i baby boomers facessero il test per l’epatite C? Gilead sta spingendo in questa direzione. Si tratta del suo secondo tentativo. Il primo è stato fatto nel 2014, prima della commercializzazione di Harvoni, e ha interessato quasi 75 milioni di persone nate tra il 1945 e il 1965. “Per milioni di baby boomers c’è un virus là fuori. Un virus cattivo come l’HIV ma del quale non si è parlato molto”. Queste le parole di commento contenute in uno spot di Gilead che vede baby boomers muoversi in scenari di una natura maestosa. “Uno su 30 boomers ha l’epatite C, ma la maggior parte non lo sa”. Nel filmato vengono anche ricordati i danni e le conseguenze dell’epatite C come il cancro al fegato. Si ribadisce pure che il test è “l’unico modo per sapere con certezza se si è ammalati o no”. Mentre la prima campagna di sensibilizzazione ha cercato di coinvolgere nuovamente le persone con diagnosi di epatite C, la campagna in corso, denominata “virus dimenticato”, spinge i baby boomers a fare il test per sapere se hanno o meno l’epatite, ricordando che la malattia può essere curata.”Questo sforzo divulgativo rappresenta l’evoluzione pianificata da noi per sensibilizzare i boomers sulla malattia in modo da raggiungere un pubblico molto più vasto una volta che il pool di pazienti già diagnosticati era stato trattato”, ha detto David Johnson, vicepresidente di Gilead, responsabile del marketing USA di farmaci contro le malattie del fegato. “Questo approccio è stato anche importante per garantire alla popolazione che gli operatori sanitari sono attrezzati per sostenere i pazienti che chiedono di essere testati e che i fornitori di cure primarie sono pronti”.