Pfizer: entro il 2030, otto blockbuster antitumorali

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Nel corso di un evento per gli investitori dedicato al business oncologico, Pfizer ha svelato l’obiettivo 2030: avere otto farmaci antitumorali blockbuster nel portafoglio. Secondo quanto riferito al sito specializzato Fierce Pharma da Suneet Varma, presidente della divisione commerciale, il contributo arriverà da ciascuna delle quattro aree terapeutiche su cui Pfizer si è focalizzata: tumore del seno, tumori del tratto genito-urinario, tumori ematologici e toracici.

La scommessa sui farmaci antitumorali come punte di diamante del portafoglio prodotti è diventata più concreta un anno fa, con l’acquisizione per 43 miliardi di dollari di Seagen, azienda specializzata in coniugati farmaco-anticorpo.

Le tappe del percorso
Tra le quattro aree oncologiche di interesse, Pfizer sembra voler dare priorità a quella del tumore del polmone, dove attualmente l’offerta aziendale è più scarna ed è dominata da Xalkori (crizotinib). La pharma americana è forte dei nuovi risultati positivi presentati all’ASCO su Lorbrena (lorlatinib), che nel 2023 ha portato nelle casse aziendali 539 milioni di franchi svizzeri.

Dopo cinque anni, il 60% dei pazienti che hanno ricevuto Lorbrena nello studio CROWN è rimasto in vita senza progressione della malattia, rispetto all’8% di quelli che hanno ricevuto Xalkori. Lorbrena ha inoltre fatto registrare una riduzione dell’81% del rischio di progressione della malattia o morte o a una riduzione del 94% della progressione delle metastasi cerebrali rispetto al vecchio farmaco Pfizer.

Il focus si sposta poi sui tumori genito-urinari, il cui franchising potrebbe superare quello del tumore del seno, proprio grazie all’acquisizione di Seagen che ha portato in dote Padcev (enfortumab vedotin), inserito nella top ten dei brand su cui Pfizer sta investendo di più.

Per quanto riguarda la gestione del business legato a questo tipo di tumori, la pharma USA ha ritenuto opportuna una divisione in due franchise: la prima dedicata al cancro della prostata, con il farmaco Xtandi (enzalutamide), e l’altra focalizzata sui tumori della vescica e dei reni, per i quali in pipeline ci sono l’inibitore EZH2 mevrometostat – che sta per entrare in studi di fase III sul cancro alla prostata – e l’inibitore sottocutaneo del PD-1 sasanlimab contro il cancro alla vescica.

Inoltre, l’anticorpo coniugato disitamab vedotin ha ottenuto la designazione di terapia rivoluzionaria da parte della FDA nel trattamento del cancro avanzato della vescica HER2-positivo.

Per quel che riguarda il tumore del seno, il blockbuster Ibrance (palbociclib) perderà molti brevetti nel 2027; una situazione che, comunque, non spaventa Varma, secondo il quale il farmaco ha raggiunto la stabilizzazione. Ibrance per ora possiede circa la metà della quota di mercato nella terapia dei tumori al seno con mutazione CDK4/6 e circa un terzo dei nuovi pazienti.

In futuro Pfizer potrebbe puntare sull’inibitore selettivo del CDK4 atirmociclib -che potrebbe diventare best in class nel trattamento del cancro al seno HR-positivo – oltre che su vepdegestrant, un degradatore proteico dei recettori degli estrogeni.

Infine, per quanto riguarda i tumori ematologici, la big pharma può puntare su Elrexfio (elranatamab) nella terapia del mieloma, dove è forte la concorrenza del portafoglio prodotti di Johnson & Johnson,

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